Leggendo il libro di Mirella Santamato si comprende come il passato si presti a chiavi di lettura diverse, variegate, spesso contrastanti, quanto meno nel merito del contenuto.
Pertanto, quando ci si approccia a certi testi è necessario dichiarare – prima a se stessi – poi, se necessario, a coloro con cui si comunica, quali sono le finalità con cui si conduce la lettura. I poemi omerici possono essere letti innanzitutto come opere meramente letterarie, componimenti di poesia epica, e come tali valutati; possono poi essere utilizzati come fonte di informazioni su un passato che, nella sua veste spesso considerata spesso superficialmente mitica, contiene invece la sostanza di ricordi storici capaci di fornire indicazioni su eventi che sono realmente accaduti.
Possono infine, come fa l’autrice,essere intesi come
«rivelazione ipotetica di un antico mistero, la narrazione criptata sotto potenti metafore, del cambiamento di pensiero epocale da una società matrilineare e matrifocale, pacifica e prospera, a una società violenta e guerresca denominata, comunemente, “patriarcale”».
Una chiave di lettura finalizzata a ipotizzare e descrivere un processo millenario, che è antropologico ma anche personale e psicologico, sottinteso alla stessa evoluzione culturale dell’umanità e del suo convivere nelle varie forme di organizzazione sociale.
In questo senso ha ragione l’autrice quando dichiara:
«Poco importa […] che Omero sia esistito o meno o che abbia davvero
scritto (cosa molto improbabile) i due poemi più grandiosi dell’antichità.
Quello che importa è che l’Iliade esiste e di questa stessa esistenza dobbiamo essere grati».
Se quel testo è davvero capace di facilitare il processo di comprensione di cui necessitiamo per penetrare il presente e declinarlo nelle sue varie sfumature culturali, sociali e psicologiche, dobbiamo veramente essere grati ai poemi omerici e a chi li ha prodotti: chiunque esso (o essi) sia (siano).
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Altrettanto grati dobbiamo essere a chi, come Mirella Santamato, fornisce ai lettori l’occasione per riscoprire, o scoprire ex-novo, un capolavoro del passato arricchito da spunti che devono essere utilizzati per elaborare personali e autonome riflessioni.
Questi spunti devono avere l’obiettivo di rielaborare una storia per giungere alla comprensione del presente e hanno quindi, proprio come il testo da cui originano e la riflessione che inducono, la caratteristica tipica di ciò che è valido per ogni tempo, per ogni età in cui ci sia un essere umano che desidera concretizzare intelligentemente le possibilità offerte dalla struttura che lo rende tale: la mente con la sua funzione precipua.
E ogni essere umano si pone necessariamente domande come quelle cui l’autrice prova a dare risposta:
• Perché la parola “Troia”, che una volta indicava una delle più belle città del mondo antico, ora è diventato un epiteto offensivo per una donna?
• L’Iliade è solo un poema epico o nasconde altro?
• La cosiddetta “Età dell’oro” di cui parlano Esiodo, Platone, Virgilio e altri filosofi, è davvero esistita?
• Senza la distruzione di Troia, esisterebbero oggi le religioni monoteiste?
• Perché il Cavallo di Troia era proprio un cavallo?
• Chi era Lilith?
• Il matrimonio è sempre esistito?
• Dove ebbe origine il male della dominanza e dello sfrutta mento delle persone, degli animali e del pianeta?
• Nella proibizione di mangiare il maiale nelle grandi religioni monoteiste c’è la traccia dello scontro che ha visto la società patriarcale prevalente sulla precedente civiltà matrilineare?
Insomma, le corrispondenze tra i testi antichi di varie culture tornano anche in questa lettura innovativa, alternativa, capace di aiutarci a vedere il mondo antico in una luce nuova che illumina e potenzialmente decodifica anche molti enigmi del mondo moderno.
Mauro Biglino
Estratto del libro:
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Sito dell’Autrice: VIVERE FELICI E CONTENTI
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