La nostra fatica nel tempo non è fine a se stessa, ma il trampolino di lancio per la Vita Vera che ci aspetta e che nessuno più ci potrà togliere. L’innesto del Nuovo ci proietta nell’Infinito e nella Realtà dello Spirito, dandoci quella certezza necessaria ad amarsi e vivere autenticamente.
La Pèsach, la Pasqua ebraica, in profondità custodisce i segreti per decifrare le nostre alienazioni interiori e ci propone un cammino per “uscirne”.
Nei testi sacri, mi riferisco principalmente a quello dell’Esodo Shemòt , si parla nello specifico di Mosè, del momento della sua presa di coscienza della schiavitù interiore che la situazione esteriore rivelava e della sua decisione “di uscirne”. 
Liberarsi dalle schiavitù interiori, dall’odio, dalle rivendicazioni, dalle nostre paure più profonde, rimpiazzare vecchi condizionamenti e falsi valori con nuove intuizioni rivelate dal divino che è in noi, questo è uno dei livelli di azione durante il periodo della Pèsach.
Entrando in questa visuale, dobbiamo provare a rileggere i fatti in modo diverso, ritrovando il cammino per uscire dalle alienazioni interiori. Alcune chiavi possono aiutarci e renderci semplice questo lavoro. L’”ebreo” simbolizza in noi colui nel quale si apre uno spazio di coscienza sempre più ampio, grazie al sapersi accorgere, all’essere presenti e alle diverse mutazioni nel modo di vivere la propria vita.
L’”egizio” rappresenta colui che resta bloccato dai condizionamenti e dalle forze di schiavitù interiore che si oppongono a ogni crescita di coscienza.  È importante qui ricordare che la parola ebraica che identifica l’antico Egitto è Mizraim che qui rappresenta la terra dei condizionamenti. 

Tutti gli antichi saperi sono ancorati profondamente nella terra e portano con sé sia significati simbolici, sia soprattutto insegnamenti molto pratici e concreti.
Le esperienze di vita che ci si propongono in questi giorni, in attesa della Pasqua ebraica (1), sono relative a ciò che viene narrato nell’esodo, e sicuramente ci chiedono una serie di azioni per ripulirci e preparaci a sorpassare quella porta dei cieli per vivere in accordo con il soffio divino – la nostra anima, liberi da tutto ciò che ostacola la sua piena realizzazione.
Ascoltare il verbo divino che è in noi, il nostro seme, entrare nel soffio e fare la Pasqua, il passaggio che farà accadere nel mondo esteriore le realtà nuove raggiunte interiormente. Per fare questo dobbiamo accogliere tutti i cambi di prospettiva, vibrare nella presenza, nell’accorgerci e nel tessere questa preparazione al cambiamento.
Tutti siamo impegnati a fabbricare mattoni come gli ebrei. Ci viene tolta anche la paglia, che ora dovremo metterci a cercare. Fabbricanti di mattoni, che non vivono più nell’unità con il Padre (il proprio se superiore), spogliati anche della dimensione figli. Ci si trova a vivere esteriormente la realtà di quello che si è divenuti interiormente.
Sicuramente dobbiamo in primo luogo considerare di avventurarci in un vasto deserto. Molte delle qualità necessarie alla realizzazione di ciò che sentiamo interiormente possono essere  raccolte in solitudine, la condizione necessaria perché siano uniche. 
Dal mio punto di vista alcune di queste qualità possono essere:
La scoperta del linguaggio degli eventi.
L’apertura verso l’amore che è in noi diventando capaci di comprendere tutto, sopportare tutto, essere pazienti e  trasmutare ciò che l’oscurità e il male ci mostra.
Tutto è sotto i nostri occhi. Cominciare a sentire la risonanza di ogni evento con l’archetipo che lo muove.
Entrare nella sensibilità della conoscenza.
Uscire dal parassita che ci è stato vestito addosso, diventando noi stessi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo.
Nessuna “polvere” può divenire oggetto di venerazione.
La richiesta che ognuno di noi si trova di fronte ora è quella di intraprendere un cammino seguendo il gregge di pecore che si è allontanato dal villaggio. Lì si incontrerà un roveto ardente infuocato nel deserto. In questo luogo potremo connetterci con il nostro sé superiore, ascoltandolo con attenzione, rendendoci conto che la razionalità non brucia il nuovo e che grazie al soffio dell’anima si infuoca sempre più. E al momento più importante di liberazione, sentiremo la forza del nome divino Sarò Colui Che Sarò, Ehyeh Aser Eheyh . 
Sarò Colui Che Sarò, e solo ciò che sarò, e non ciò che chiunque altro voglia che io sia. In questo modo si entra nel divenire, pieni della consapevolezza del fatto che si è connessi con il proprio divino. Implicita in Ehyeh è l’idea di “qualsiasi cosa”. È quindi la dichiarazione ultima di autodeterminazione trascendente del divino.
Ed ecco che, in maniera sorprendente, la luce del Sole increato penetra fino nell’oscura prigione dell’anima, la luce che riempie tutti gli spazi cosmici. Con tenerezza invade il nostro spirito e il cuore. La vediamo e rimaniamo in essa, non ci toglie il dubbio dal nostro cuore, ma rende possibile tutto questo.
Riccardo Mantelli
www.zehsod.com

 
Biografia
Riccardo Mantelli, Professore in Interaction Design e Physical Computing presso la Domus Accademy e la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, esplora da anni l’utilizzo creativo delle nuove tecnologie. L’interesse per le strutture profonde della lingua e dei numeri lo ha portato dalla sperimentazione dei linguaggi digitali alla scoperta degli antichi codici della kabbalah ebraica. Uno dei suoi obiettivi è di fornire gli strumenti per riconoscere le proprie potenzialità proprio attraverso queste antiche “tecnologie per l’anima”.
Ascolta “RICCARDO MANTELLI – L’ALBERO DELLA VITA” su Spreaker.
 

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