Quando un individuo pensa al concetto di “Non-Giudizio” nella sua mente prendono forma un gran numero di associazioni mentali che si riagganciano ad esperienze passate in cui l’elemento fondamentale del giudizio viene soppesato e pesato nuovamente, di modo che prenda un certo spessore e venga di conseguenza trattato in maniera più congeniale in un eventuale futuro che, ovviamente, ne prevede l’esclusione per fare spazio a una nuova tipologia di reazione a un evento che non corrisponde ai canoni preimpostati (chiaramente a livello mentale) cui il nostro cervello si aspetterebbe. Si ha quindi una reazione non di giudizio ma di controforza consapevole con la quale si evita di analizzare in maniera cerebrale una persona (o un qualsiasi evento) correndo alle armi delle proprie esperienze pregresse.
Questa tuttavia, per quanto possa essere utile e congeniale, è la maschera sociale del Non Giudizio: si tratta di uno sforzo dal trattenersi nel giudicare una persona a livello esterno; tuttavia il giudizio rimane, permeandosi nel proprio intimo pensiero e covando li, senza la possibilità di essere espresso in maniera verbale verso il mondo esterno.
Quando le scuole filosofiche d’introspezione parlano di Non Giudizio, bisogna comprenderlo bene, non si riferiscono affatto a questo. O, perlomeno, non solo ad esso. L’ermetismo lessicale e intellettuale ha permesso a centinaia di generazioni di perpetuare immensi insegnamenti coscienziali agli adepti più luminari nel campo dell’apprendimento introspettivo: l’istruzione verso questa scala comprensiva, tuttavia, esige la necessità di essere chiara cosìcchè la mente non faccia riparo nel giogo della “prospettiva soggettiva”.
Come per ogni cosa, anche il Non-Giudizio (che di per sé resta in qualsiasi sua manifestazione un’ottima cosa) ha un’ottava bassa (già analizzata poco fa) e un’ottava alta. Le cosiddette Ottave Alte possono essere sperimentate, così come un certo tipo di emozioni particolarmente elevate e di ardua comunicazione verbale, solo quando il livello coscienziale e la propria vibrazione interiore hanno acquisito dei contorni più elevati e meno grezzi, cioè a dire quando la comprensione dell’oniricità e della coscienza manifesta non fisica arriva a un determinato livello tale da riuscire ad osservare ogni cosa in maniera distaccata.
Il Non Giudizio, quindi, non ha precedenti: un atto fondamentale da compiere nel proprio percorso, è quello di svuotare il proprio calice di conoscenza quando ormai esso è pieno. Un’ottima metafora questa, utilizzata spesso da Osho, per intendere che non esiste un punto di arrivo nè potrà mai esserci, così come la tanto agognata perfezione psicofisica o addirittura coscienziale. In molteplici punti del percorso sarai lusingato da te stesso (o da una serie di situazioni che ti porteranno a costruire determinati pensieri) del fatto di aver conseguito un ottimo punto nell’ascesa verso la Luce.
Non è importante sapere, per adesso, com’è che questa reazione meccanica si autoinnesca nell’essere umano; più importante, invece, è riuscire a conseguire in maniera fissa lo stato d’animo del Viaggiatore: sempre in partenza, senza mai un arrivo. Cimentarsi in un progetto a lungo termine che richiede tutta la vostra attenzione in qualsiasi ambito della Matrix, equivale alla morte dell’Anima. Essa viene tralasciata per un qualcosa di più fisico: si sacrifica l’avventura per la sicurezza, elemento che non può esistere in quanto proprio questo suo non-essere rende accessibile l’esperienza dell’Anima attraverso i mutamenti costanti del Flusso coscienziale, cangiante istante dopo istante.
E’ una domanda costante:”Preferisci la sicurezza o l’avventura?”
A volte, quando si crede che il cuore sia sveglio e consapevole, in realtà vibra nell’ottava bassa della vita e sono in molti a sacrificare l’amore per una sicurezza fatta di case, soldi e monotonia.
Ma com’è possibile conseguire, quindi, il Non-Giudizio elevato?
Questo è il perno focale che ricollega l’argomento iniziale a quello dell’Osservazione.
Se si dovesse dare una definizione di Non-Giudizio, potrebbe essere più o meno questa:
“Il Non-Giudizio è quella capacità di osservare la concretezza di un evento, una persona o una cosa nella sua interezza nel flusso percettivo coscienziale.”
L’analisi dell’oggetto, le etichette che la nostra mente gli appiccica addosso e via discorrendo, sono solo un surplus di elementi che ambiscono a distrarre l’attenzione dal Vero. Così come l’esterno, che è di per sé relativamente semplice, soprattutto l’interno ha una grossa necessità di essere osservato.
Gran parte del Lavoro Coscienziale va svolto in questo senso: rivolgere totalmente l’attenzione verso la propria interiorità, osservando quindi pensieri (verbali e non) ed emozioni scendendo sempre più in alto nella propria psiche, senza giudicare il processo di creazione del pensiero o ciò che esso manifesta a livello metafisico ma, semplicemente, osservarlo genuinamente, così com’è. Questo è il vero Non-Giudizio.
Sei sicuro di averlo conseguito? O ti stai solo illudendo?
I segnali del Divenire sono molteplici e lampanti: fattori come lo spazio e il tempo subiranno una pesante distorsione man mano che ci si esercita nel lavoro interiore di non giudizio, spalancando le porte a una domanda piena di coscienza:
“Se riesco ad osservare i miei pensieri -e non sono loro-, e riesco ad osservare colui che pensa -e non sono lui-… allora chi/cosa sono?”.
Come sintomo di Coscienza conseguita, vi sarà la totale consapevolezza dell’Osservatore, cioè a dire quella percezione fisica -e non- che viene definita Seconda Attenzione: essa equivale a rivolgere totalmente la nostra anima verso un qualsiasi particolare vogliamo, senza giudicarlo ma osservandolo in maniera così attenta che, paradossalmente, è capace di trasportare la Coscienza Onirica in questa realtà prendendo definitivamente coscienza dell’illusorietà del mondo che ci circonda.
Questo era appena un accenno a quel pilastro di coscienza che è la Seconda Attenzione; ne parlerò accuratamente più in la.
Il cammino inizia nel momento in cui ogni cosa viene gettata per ricominciare da capo. Ricominciare, morire rinascere e ricominciare eternamente, tutto in una singola esistenza.
Bisogna morire molte volte per diventare immortali.
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