20 giugno 1983: da The Future of Umanity
Krishnamurti: Non dovremmo, forse, come prima cosa, distinguere tra cervello e mente?
David Bohm: Bene, quella distinzione è stata fatta, ma non è ancora chiara. Ovviamente ci sono diverse opinioni al riguardo. Una è che la mente è solo una funzione del cervello, ed è il punto di vista materialista. C’è un altro punto di vista che dice che la mente e il cervello sono due cose diverse.
K: Sì, io credo che siano due cose diverse.
DR: Ma, deve esserci…
K: … un contatto tra di esse, una relazione.
DB: Sì, noi non implichiamo necessariamente una divisione tra le due cose.
K: No, per prima cosa cerchiamo di osservare il cervello. Io non sono un esperto della struttura del cervello né mi occupo di questo tipo di cose, ma si può osservare dentro se stessi, osservare partendo dall’attività del cervello, che è veramente come un computer, programmato per ricordare.
DB: Certamente, una grandissima parte dell’attività è di questo tipo, ma non si è certi del fatto che l’intera attività sia di questo tipo.
K: No, e c’è da aggiungere che il cervello è condizionato dalle generazioni passate, dalla società, dai giornali, dai periodici, da tutte le attività e dalle pressioni esterne. È condizionato.
DB: Ora, può dire cosa intende per condizionamento?
K: Il cervello è programmato, è fatto per adeguarsi a un determinato modello, vive interamente in base al passato, modificando se stesso con il presente e così via.
DB: Ci siamo trovati d’accordo nel constatare che una parte di questo condizionamento sia utile e necessario.
K: Naturalmente.
DB: Ma il condizionamento che determina il sé, determina la…
K: … la psiche. Per il momento, chiamiamola psiche, il sé.
DB: Il sé, la psiche, questo condizionamento è ciò di cui lei sta parlando, non solo può non essere necessario, ma può essere dannoso.
K: Sì, l’enfasi sulla psiche, sul dare così tanta importanza al sé, sta creando un grande danno al mondo, perché si tratta di un’attività separativa e perciò costantemente in conflitto, non solamente con se stessa, ma con la società, con la famiglia, e via dicendo.
DB: Ed è anche in conflitto con la natura.
K: Con la natura, con l’intero universo.
DB: Abbiamo detto che il conflitto sorge perché…
K:… a causa delle divisioni…
DB: La divisione sorge perché il pensiero è limitato. Essendo basato su questo condizionamento, sulla conoscenza e sulla memoria è conseguentemente limitato.
K: Sì, l’esperienza è limitata, di conseguenza la conoscenza e limitata, e anche la memoria e il pensiero lo sono; e il movimento del pensiero, il movimento del pensiero nel tempo è la struttura e la natura stessa della psiche.
DB: Sì, ora vorrei porre una domanda. Ha discusso del movimento del pensiero, ma non mi sembra chiaro cos’è che si muove. Vede, se io parlo del movimento della mia mano, si tratta di un vero movimento: risulta del tutto chiaro cosa si intende dire, ma quando parliamo del movimento del pensiero, mi sembra che ci dedichiamo a qualcosa che ha le caratteristiche di un’illusione, perché lei ha detto che il movimento del pensiero è divenire.
K: È esattamente ciò che intendo dire, il movimento è divenire.
DB: Ma voi dite anche che il movimento, in qualche modo, è illusorio, non è forse così?
K: Sì, certamente.
DB: È come il movimento proiettato sullo schermo. Noi diciamo che non ci sono oggetti che si muovono sullo schermo, ma che l’unico reale movimento è quello del proiettore. Possiamo, allo stesso modo, dire che il vero movimento risiede nel cervello che proietta tutto ciò che ci condiziona?
K: È quello che vogliamo scoprire, proviamo ad approfondire questo punto. Siamo entrambi d’accordo, o vediamo, che il cervello è condizionato.
DB: Intendiamo dire che è stato condizionato fisicamente e chimicamente…
K: Anche geneticamente, così come psicologicamente.
DB: Qual è la differenza tra fisico e psicologico?
K: Psicologicamente, il cervello è centrato nel sé, – giusto? – e la costante asserzione del sé è il movimento, il condizionamento, un’illusione.
DB: Ma c’è un reale movimento che accade interiormente. Il cervello, per esempio, sta facendo qualcosa. È stato condizionato fisicamente e chimicamente, e qualcosa accade sia al livello fisico che chimico mentre stiamo pensando al sé.
K: Sta forse chiedendo se il cervello e il sé siano due cose diverse?
DB: No, sto dicendo che il sé è il risultato del condizionamento del cervello.
K: Si, il sé condiziona il cervello.
DB: Ma il sé esiste?
K: No.
DB: Ma il condizionamento del cervello, così come lo vedo io, è il coinvolgimento con un’illusione che noi chiamiamo sé.
K: Osservazione giusta. Può quel condizionamento essere dissipato? Questa è la vera domanda.
DB: Deve realmente essere dissipato in qualche modo, che sia fisico, chimico o neurofisiologico.
K: Si.
DB: Ora, la prima reazione di qualsiasi scienziato sarebbe di scetticismo nel pensare che quel sé possa essere dissolto dal tipo di cose che stiamo facendo. Vede, qualcuno potrebbe pensare che forse scopriremo sostanze chimiche o mutazioni genetiche, o raggiungeremo una conoscenza più approfondita della struttura del cervello. Forse proprio in quest’ultima direzione potremmo essere d’aiuto, credo che quest’idea sia diffusa per alcuni.
K: E servirà a cambiare il comportamento umano?
DB: Perché no? Credo che alcuni pensino che questo potrebbe accadere.
K: Aspetti, questo è il punto: potrebbe, ovvero nel futuro.
DB: Sì, fare queste scoperte richiederebbe tempo.
K: Nel frattempo, l’uomo si distruggerà.
DB: Forse sperano che la scoperta venga fatta in tempo. Le stesse persone potrebbero criticare quello che stiamo facendo, dubitando dei risultati. Vede, non sembra che questo influenzi qualcuno, e certamente non in tempo per fare una grande differenza.
K: Noi due siamo molto chiari su questo punto: in che modo può riguardare l’umanità?
DB: Pensa che coinvolgerà l’umanità in tempo per salvare…
K: Ovviamente no.
DB: Allora, per quale motivo dovremmo impegnarci a farlo?
K: Perché è la cosa giusta da fare, indipendentemente, non ha nulla a che vedere con l’essere premiati o puniti.
DB: E nemmeno con un obiettivo: facciamo la cosa giusta anche quando non sappiamo quale sarà il risultato?
K: Esatto.
DB: Sta dicendo che non c’è altra via?
K: Sì, è così, stiamo dicendo che non c’è un’altra possibilità.
DB: Ebbene, dovremmo chiarire bene questo punto. Per esempio, qualche psicologo penserebbe che indagando in questo tipo di cose noi potremmo generare una trasformazione evolutiva della co scienza.
K: Siamo tornati al punto che con il tempo speriamo di cambiare la coscienza. Ci stiamo interrogando su questo.
DB: Ora, possiamo dire che la stessa cosa vale per quegli scienziati che stanno tentando di raggiungere lo stesso obiettivo per mezzo di ritrovati chimici, o con l’ausilio di mutazioni fisiche, psicologiche, strutturali; possiamo, dunque, dire che essi stessi sono ancora intrappolati, che con l’impiego di tempo stanno cercando di divenire migliori?
K: Sì, i ricercatori, gli sperimentatori, gli psicologi e noi stessi, stiamo tutti cercando di diventare qualcosa.
DB: Sì, nonostante possa non sembrare evidente a prima vista. Può sembrare che gli scienziati siano davvero disinteressati, osservatori senza pregiudizi, intenti a lavorare a questo problema. Ma, in profondità, si scorge che esiste un desiderio di divenire migliori da parte di queste persone che indagano in questo modo.
K: Divenire, certamente.
DB: Lo scienziato non è libero da questo.
K: E esattamente così.
DB: E quel desiderio genererà autoinganno e illusione, e via dicendo.
K: Dunque, facciamo il punto della situazione. Qualsiasi forma di divenire è un’illusione, e il divenire implica il passare del tempo, il tempo necessario perché la psiche cambi. Ma noi stiamo dicendo che il tempo non è necessario.
DB: Ora, questo si collega all’altra questione della mente e del cervello. Il cervello è un’attività nel tempo, nel senso di processo fisico, chimico complesso.
K: Io credo che la mente sia separata dal cervello.
DB: Che cosa intende con separata? Mente e cervello sono in contatto?
K: Separati nel senso che il cervello è condizionato, la mente no.
DB: Diciamo che la mente ha una certa indipendenza dal cervello. Anche se il cervello è condizionato…
K: … l’altra non lo è.
DB: Non è necessario che sia…
K: … condizionata.
DB: Su quale base dice questo?
K: Non cominciamo a parlare di “basi”!
DB: Bene, che cosa le fa dire questo?
K: Fin quando il cervello sarà condizionato, non sarà libero, mentre la mente è libera.
DB: Sì, questo è ciò che sta dicendo. Ma, vede, un cervello non libero significa un cervello non libero di indagare in assenza di pregiudizi.
K: Voglio approfondire questo punto, investighiamolo assieme. Che cos’è la libertà? La libertà di ricercare, la libertà di indagare. È solo nella libertà che esiste un insight.
DB: Si, questo è chiaro, perché se non sei libero di indagare, o se hai pregiudizi, allora sei limitato, in modo arbitrario.
K: Quindi, fino a quando il cervello sarà condizionato, la sua relazione con la mente sarà limitata.
DB: Abbiamo la relazione del cervello con la mente, e anche il contrario.
K: Sì, ma la mente, essendo libera, ha una relazione con il cervello.
DB: Sì, ora diciamo che la mente è libera, in qualche modo non soggetta al condizionamento del cervello.
K: Sì.
DB: Qual è la natura della mente? È situata nel corpo, o è nel cervello?
K: No, non ha nulla a che vedere con il corpo e con il cervello.
DB: Ha a che fare con lo spazio e con il tempo?
K: Spazio… aspettate un momento! Ha a che fare con lo spazio e con il silenzio. Questi sono i due fattori del…
DB: Non il tempo?
K: Non il tempo, il tempo appartiene al cervello.
DB: Lei dice spazio e silenzio; ora, che tipo di spazio? Non si tratta dello spazio in cui vediamo la vita muoversi.
K: Spazio. Partiamo da un altro punto: il pensiero può inventare lo spazio.
DB: Inoltre, abbiamo lo spazio che vediamo, ma il pensiero può inventare ogni tipo di spazio.
K: Anche lo spazio che c’è da qui a lì.
DB: Sì, quello è lo spazio in cui ci muoviamo.
K: Anche lo spazio tra due rumori, tra due suoni.
DB: L’intervallo tra due suoni.
K: Si, l’intervallo tra due suoni, tra due pensieri, due note, lo spazio tra due persone.
DB: Sì, lo spazio tra due muri.
K: E così via, ma tutti questi tipi di spazio non sono lo spazio della mente.
DB: Lei dice che è senza limiti?
K: Esattamente, anche se non volevo usare la parola limiti.
DB: Tuttavia è implicita. Non è nella natura di quel tipo di spazio essere circoscritto da qualcosa.
K: No, non è circoscritto dalla psiche.
DB: È circoscritto da qualcos’altro?
K: No. Allora, il cervello, con tutte le sue cellule condizionate, può cambiare?
DB: Abbiamo spesso discusso su questo punto. Non è certo che tutte le cellule siano condizionate. Per esempio, alcuni pensano che solo una piccola parte delle cellule cerebrali sia attiva, e che il resto sia inattivo, addormentato.
K: Raramente usate, o occasionalmente sfiorate.
DB: Sì, occasionalmente sfiorate. Ma quelle cellule che sono condizionate, qualsiasi cosa possano essere, evidentemente ora dominano la coscienza.
K: Sì, possono quelle cellule essere cambiate? Stiamo dicendo che è possibile per mezzo dell’insight, essendo questo fuori dal tempo e non il risultato di un ricordo, di un’intenzione, di un desiderio o di una speranza. Non ha nulla a che fare con il tempo o con il pensiero.
DB: Sì. Chiediamoci ora se l’insight è proprio dalla mente, è della natura della mente, o è una sua attività.
K: Sì.
DB: Perciò, lei sta dicendo che la mente può agire sulla materia del cervello.
K: Sì, l’abbiamo già detto.
DB: Ma, vede, questo punto, cioè come la mente sia capace di agire in questa materia, è difficile da comprendere.
K: È capace di agire sul cervello. Per esempio, prendete una crisi o un problema; il significato della parola problema, come sapete, è “qualcosa che vi viene gettato contro”. Noi gli andiamo incontro con tutti i ricordi del passato, con i giudizi e così via, e in questo modo il problema si moltiplica. Potete risolvere un problema, ma nella sua stessa soluzione vengono a sorgere altri problemi, così come succede in politica e in altri campi. Ora, affrontare un problema, o percepirlo senza memorie e pensieri che interferiscano o proiettino…
DB: Questo implica che anche quella percezione è della mente…
K: Si, è così.
DB: Sta forse dicendo che il cervello è una specie di strumento della mente?
K: È uno strumento della mente quando questa non è autocentrata.
DB: Ogni condizionamento potrebbe essere definito come un’autosollecitazione del cervello, che si mantiene restando sempre in questo programma, occupando, in questo modo, tutte le sue capacità.
K: Sì, tutti i giorni.
DB: Si potrebbe definire il cervello come una radio che può generare il suo proprio brusio ma non può leggere alcun segnale.
K: No, non direi così, cerchiamo di capirlo meglio. L’esperienza è sempre limitata, posso ingigantirla e farne qualcosa di fantastico, per poi, magari, farne mercanzia da negozio; ma quell’esperienza è limitata. Anche la conoscenza è limitata, sempre, e questo sapere opera nel cervello, questa conoscenza è il cervello. Il pensiero è parte del cervello e anch’esso è limitato. Quindi, il cervello opera in un’area molto, molto ristretta.
DB: Sì, è vero, ma cos’è che gli impedisce di operare in un’area più vasta, illimitata?
K: Il pensiero.
DB: Ma a me sembra che il cervello funzioni per suo conto, con il suo programma.
K: Sì, proprio come un computer.
DB: Essenzialmente, ciò che lei sta dicendo è che il cervello dovrebbe rispondere alla mente.
K: Può rispondere solo se è libero da ciò che è limitato, dal pensiero, che è limitato.
DB: Ma allora il cervello non è dominato dal programma, vedete, avremo sempre bisogno di quel programma.
K: Ovviamente, ne abbiamo bisogno per…
DB:… per molte cose, ma l’intelligenza è della mente?
K: Sì, l’intelligenza è la mente.
DB: E la mente.
K: Dobbiamo prendere un’altra strada. Poiché la compassione è in relazione con l’intelligenza, non c’è intelligenza senza compassione; e la compassione può esserci solo quando c’è l’amore, che è completamente libero da tutti i ricordi, dalle gelosie personali, e così via.
DB: La compassione, l’amore, sono anche della mente?
K: Della mente, non potete essere compassionevoli se siete attaccati a una qualsiasi esperienza o a un ideale particolare.
DB: Sì, questo fa ancora parte del programma.
K: Sì, per esempio ci sono persone che vanno nei tanti paesi poveri e lavorano, lavorano, lavorano, e la chiamano compassione. Il punto è che sono legati a qualche forma particolare di fede religiosa e, conseguentemente, la loro azione è mera pietà o simpatia: non si tratta di compassione.
DB: Sì, credo che qui ci troviamo di fronte a due cose che possono essere, in una certa misura, indipendenti. C’è il cervello e c’è la mente, nonostante si contattino; poi abbiamo detto che la provenienza dell.’intelligenza e della compassione è oltre il cervello. Vorrei, quindi, ora, approfondire questo punto e comprendere come cervello e mente si contattano.
K: Il contatto tra la mente e il cervello può accadere solo quando il cervello è quieto.
DB: Sì, questo è il requisito, il cervello deve essere quieto.
K: La quiete non si ottiene con l’allenamento, né con un conscio desiderio di silenzio perseguito con la meditazione. È un risultato naturale della comprensione del proprio condizionamento.
DB: E si può osservare che il cervello, quando è calmo, può ascoltare qualcosa di più profondo.
K: Sì, è così; allora, se è quieto, è in relazione con la mente, e in questo modo la mente può funzionare attraverso il cervello… Allora, in questo modo possiamo rimanere con “ciò che è’, non con “ciò che dovrebbe essere”, “ciò che deve essere”, non con ideali inventati e via dicendo?
DB: Sì, potremmo, però, tornare sulla faccenda della mente e del cervello? Ora stiamo dicendo che non si tratta di una divisione.
K: Oh no, non si tratta di una divisione.
DB: Sono in contatto, giusto?
K: Abbiamo detto che sono in contatto quando il cervello è silenzioso e ha spazio.
DB: Quindi stiamo dicendo che, nonostante siano in contatto e niente affatto divisi, la mente può ancora avere una certa indipendenza dal condizionamento del cervello.
K: Dunque, facciamo molta attenzione: supponiamo che il mio cervello sia condizionato, per esempio, programmato come un hindu, e conseguentemente tutta la mia vita e le mie azioni siano condizionate dall’idea che “io sono un hindu”; la mente, è ovvio, non ha rapporto con quel condizionamento.
DB: Sta usando il termine mente, non la “mia” mente.
K: Mente, non è “mia”.
DB: È universale o generale.
K: Sì, allo stesso tempo non è neanche il “mio” cervello.
DB: No, però c’è un cervello particolare, questo o quel cervello. Direbbe che c’è una mente particolare?
K: No.
DB: Si tratta di una differenza importante. Lei sta dicendo che la mente è realmente universale.
K: La mente è universale, se vogliamo usare questa brutta parola.
DB: Illimitata e indivisa.
K: Non è inquinata, non è contaminata dal pensiero.
DB: Io credo che per molte persone risulti difficile constatare su quale base noi poggiamo la conoscenza di questa mente. Sappiamo solamente che la “mia” mente è la prima sensazione, giusto?
K: Non può chiamarla la “sua” mente, lei ha solo il suo cervello, che è condizionato. Lei non può dire: “E la “mia” mente”.
DB: Ma, qualsiasi cosa accada in me, ho la sensazione che sia mio, ed è molto differente da ciò che accade in qualcun altro.
K: No, io metto in discussione questa differenza.
DB: All’apparenza, sembra essere differente.
K: Si, io dubito che ciò che accade in me, come essere umano, sia diverso da ciò che accade in lei, come altro essere umano. Entrambi attraversiamo ogni sorta di problemi, soffriamo, abbiamo paura, siamo ansiosi, soli, e via dicendo. Abbiamo i nostri dogmi, credenze, superstizioni, e tutti quanti hanno questo tipo di cose.
DB: Possiamo dire che è tutto molto simile, ma ognuno di noi sembra isolato dall’altro.
K: Nel pensiero. Il mio pensiero ha generato l’idea che io sia di verso da lei, perché il mio corpo è diverso dal suo, il mio volto è di verso dal suo, e perciò estendiamo questa diversità alla dimensione psicologica.
DB: Ma ora, se dicessimo che forse la divisione è un’illusione:
K: No, non forse! Lo è.
DB: È un’illusione, d’accordo, nonostante non sia così evidente quando una persona ci pensa perla prima volta.
K: Ovviamente.
DB: In realtà, anche il cervello non è diviso, in quanto noi stiamo dicendo che non solo siamo tutti simili, ma anche realmente connes si. E diciamo anche che oltre tutto ciò c’è la mente, che non ha alcuna divisione.
K: È incondizionata.
DB: Si, sembrerebbe quasi significare, allora, che fin quando uno percepisce se stesso come un essere separato, è molto poco in contatto con la mente.
K: Sì, giusto, è quello che abbiamo detto.
DB: Niente mente.
K: E per questa ragione che è molto importante comprendere non la mente, ma i nostri condizionamenti, e osservare sei nostri condizionamenti di esseri umani possano mai dissolversi: questa è la vera domanda.
Prendiamo un problema come esempio, risulterà più facile comprendere. Prendiamo la sofferenza. Gli esseri umani hanno sofferto in continuazione, a causa di guerre, malattie, cattivi rapporti. Ora, può tutto questo finire?
DB: Direi che è difficile che tutto questo finisca, in quanto è nel programma, noi siamo condizionati da tutto ciò.
K: Sì, questa storia è andata avanti così per secoli.
DB: Quindi si tratta di qualcosa di profondamente radicato.
K: Molto, molto profondamente. Ma ora, può quella sofferenza terminare?
DB: Non posso porvi fine con un’azione del cervello.
K: Con il pensiero.
DB: Perché il cervello è catturato nella sofferenza, e non può prendere un’iniziativa per porre fine alla propria sofferenza.
K: Ovviamente, non può, è per questo che il pensiero non può mettere fine alla sofferenza: è il pensiero stesso ad averla generata.
DB: Sì, il pensiero l’ha creata e non è capace di gestirla.
K: Il pensiero ha creato le guerre, la sofferenza, la confusione, ed è divenuto prominente nelle relazioni.
DB: Sì, va bene, però io penso che la gente potrebbe essere d’accordo con questo, e nonostante ciò continuare a credere che, come il pensiero ha generato cose cattive, può crearne di belle.
K: No, il pensiero non può fare del bene o del male, è pensiero: quindi limitato.
DB: Il pensiero non può controllare questa sofferenza, ecco, è così: risiedendo la sofferenza nel condizionamento fisico e chimico del cervello, il pensiero non ha alcuna possibilità, nemmeno quella di sapere di cosa si tratta.
K: Intendo dire, perdo mio figlio e sono…
DB: Sì, ma attraverso il pensiero non capisco cosa sta accadendo dentro di me. Non posso cambiare la sofferenza che è in me perché il pensiero non mi mostrerà di cosa si tratta. Ora, lei sta dicendo che “intelligenza è percezione”.
K: Ma stiamo chiedendoci se la sofferenza possa mai terminare: questo è il problema.
DB: Sì, ed è chiaro che il pensiero non può farla cessare.
K: Il pensiero non può farlo, questo è il punto. Se ho un insight a riguardo…
DB: Dunque, questo insight avverrà per mezzo dell’azione della mente, attraverso l’intelligenza e l’attenzione.
K: Quando si è in presenza di quell’insight, l’intelligenza spazza via la sofferenza.
DB: Sta dicendo che, grazie a questo insight, si verifica un contatto tra la mente e la materia che rimuove l’intera struttura fisicochimica che ci fa vivere nella sofferenza.
K: Esattamente, in questo porre fine accade una mutazione delle cellule cerebrali.
DB: È così, e questa mutazione spazza via l’intera struttura che ci fa soffrire.
K: Sì, è proprio così. Perciò è come se, avendo seguito una certa tradizione, improvvisamente io cambiassi quella consuetudine, e questo provocasse un cambiamento nell’intero cervello; si è sempre mosso verso nord, e ora va verso est.
DB: È ovvio che stiamo affermando cose che sono, dal punto di vista delle idee tradizionali nelle scienze, radicalmente diverse. Se accettiamo che la mente è diversa dalla materia, allora la gente potrebbe trovare difficile affermare che la mente possa in realtà…
K: Non direbbe che la mente è pura energia?
DB: Be’, potremmo metterla in questo modo, però anche la materia è energia.
K: Ma la materia è limitata, il pensiero è limitato.
DB: Stiamo, forse, dicendo che la pura energia della mente è capace di raggiungere l’energia limitata della materia?
K: Sì, corretto; e cambia anche le limitazioni.
DB: Rimuove alcune delle limitazioni.
K: Quando si è in presenza di un fatto complesso, di un problema, di una sfida che si sta affrontando.
DB: Potremmo anche aggiungere che tutti i modi tradizionali per risolvere questo punto non possono funzionare…
K: No, non hanno mai funzionato.
DB: Bene, non è abbastanza. Dobbiamo dire, affinché le persone cessino di continuare a sperare di cambiare in quel modo, che non è assolutamente possibile farcela.
K: Non possono farcela.
DB: In quanto il pensiero non può giungere nelle cellule, alle proprie radici fisiche e chimiche, e non può compiere nulla che possa cambiarle.
K: Sì, il pensiero non può generare un cambiamento in se stesso.
DB: Allo stesso tempo, nonostante questo, tutto quello che l’uomo ha cercato di fare è basato sul pensiero. È ovvio che esiste una particolare dimensione dove questo funziona, ma noi non possiamo fare nulla circa il futuro dell’umanità da questo approccio abituale.
K: Quando si ascoltano i politici, che sono così attivi nel mondo, si nota che creano problemi su problemi e che per loro il pensiero, gli ideali, sono le cose più importanti.
DB: Generalmente parlando, nessuno conosce niente di diverso da questo.
K: Esattamente. Stiamo dicendo che il vecchio strumento del pensiero è liso, fatta eccezione per alcune aree.
DB: Non è mai stato adeguato, a eccezione di quelle poche aree.
K: Ovviamente.
DB: Inoltre, fin da quando la storia esiste, l’uomo è stato sempre nei guai.
K: L’uomo è stato sempre nei guai, nel tormento, nella paura. Mettendosi di fronte a tutta la confusione del mondo, può mai esserci una soluzione a tutto ciò?
DB: Questo ci riporta alla domanda che vorrei riformulare. Sembra che esistano pochissime persone che parlano di questo problema, e forse pensano di sapere, o forse meditano, e così via. Ma come può questo avere un reale effetto sulla vasta corrente dell’umanità?
K: Probabilmente, molto poco. Ma perché dovrebbe avere un effetto? Potrebbe e non potrebbe, ma allora ci si può chiedere quale sia la sua vera utilità.
DB: Esattamente, questo è il punto. Credo che si verifichi una sensazione istintiva che fa formulare questa domanda.
K: Ma io credo che sia la domanda sbagliata.
DB: Vede, il primo istinto è quello di dire: “Cosa si può fare per arrestare questa tremenda catastrofe?”.
K: Si, ma ognuno di noi, chiunque ascolti, vede la verità che il pensiero, nella sua attività, sia all’esterno che interiormente, ha creato una confusione tremenda, un’enorme sofferenza; allora ci si deve inevitabilmente chiedere se ci sarà mai una fine a tutto ciò. Se il pensiero non può portare a termine questa situazione, cosa potrà farlo?
Quale sarà il nuovo mezzo che metterà fine a tutta questa sofferenza? Vede, c’è un nuovo strumento che è la mente, che è intelligenza, ma la difficoltà risiede nel fatto che la gente non darà attenzione a tutto questo. Sia gli scienziati che la gente comune come noi sono tutti giunti alla conclusione che non daranno ascolto a tutto ciò.
DB: Sì, bene, questo è proprio quello che intendevo quando dicevo che poche persone non sembrano avere un gran peso sugli altri.
K: Naturalmente. Dopotutto, io penso che poche persone hanno cambiato il mondo: migliorandolo o peggiorandolo, non è il punto. Hitler, ma anche i comunisti, l’hanno fatto, ma hanno tutti seguito lo stesso modello, ancora una volta. La rivoluzione fisica non ha mai cambiato psicologicamente la condizione umana.
DB: Lei pensa che sia possibile che un certo numero di cervelli che vengono in contatto con la mente in quel modo siano capaci di influenzare l’umanità, oltre l’immediato, evidente effetto della loro comunicazione? Intendo dire, ovviamente, che chiunque cambi può comunicare con gli altri nel modo consueto, e che ciò avrà un piccolo effetto; ma ora siamo di fronte alla possibilità di qualcosa di completamente diverso.
K: Esattamente, è così. Ma come può lei comunicare, (ci ho pensato spesso), questo sottile e, al tempo stesso, complesso argomento a un’altra persona che è radicata nella tradizione, che è condizionata e che non spenderà nemmeno il tempo per ascoltarla, o per prendere in considerazione ciò che lei sta dicendo?
DB: Ebbene, questo è il punto. Vede, lei può dire che questo condizionamento non è assoluto, che non può essere un blocco assoluto, altrimenti non esisterebbe alcuna possibilità di uscirne, si potrebbe pensare che il condizionamento abbia un certo grado di permeabilità.
K: Intendo dire, dopotutto, il papa non ci ascolterebbe, ma il papa ha un’influenza enorme.
DB: È possibile che ogni persona abbia qualcosa da ascoltare, se potesse scoprirlo?
K: Se avesse un po’ di pazienza. Ma chi è che ascolta? I politici non ascolterebbero, gli idealisti nemmeno, i fanatici non ascolterebbero, e nemmeno le persone profondamente condizionate religiosamente. Quindi, forse, una persona cosiddetta ignorante, non altamente educata o condizionata dalla propria carriera, o dai soldi, il pover’uomo che dice: “Sto soffrendo, per favore smettiamola”.
DB: Ma neanche lui ascolta, vede, vuole solo trovare un lavoro.
K: Ovviamente, egli dice: “Prima sfamatemi”. Abbiamo analizzato la questione per sessant’anni. L’uomo povero non ascolterà, il ricco nemmeno, e neanche l’educato e il credente profondamente condizionato dai dogmi religiosi. Forse è come un’onda nel mondo: potrebbe afferrare qualcuno. Credo che domandarsi se questo avrà un risultato nel mondo sia sbagliato.
DB: Sì, va bene. Diciamo che questo introdurrebbe il tempo e quindi il divenire. Porterebbe in questione la psiche e il processo del divenire nuovamente.
K: Sì, ma se lei dice… deve avere un effetto sull’umanità…
DB: Sta forse suggerendo che ha un effetto sull’umanità attraverso la mente, direttamente, piuttosto che attraverso…
K: Sì, potrebbe non rivelarsi immediatamente nell’azione.
DB: Sta prendendo molto seriamente ciò che ha detto in precedenza sulla mente che è universale, non collocata nel nostro spazio ordinario, che non è separata…
K: Sì, ma c’è un pericolo nell’affermare che la mente è universale. È ciò che alcuni affermano sulla mente, ed è diventata una tradizione.
DB: Ovviamente, uno può trasformarlo in un’idea.
K: È proprio questo il pericolo, questo è ciò che sto dicendo.
DB: Sì, ma in realtà il punto è che noi dobbiamo venire in diretto contatto con questo, affinché diventi reale. Giusto?
K: Sì, è così. Possiamo venire in contatto con ciò solo quando il sé non è presente. Per dirlo molto semplicemente, quando non compare il sé c’è bellezza, silenzio, spazio; solo allora quell’intelligenza, che è nata dalla compassione, opera nel cervello: è molto semplice.
Post correlato: Le riflessioni del noto fisico Bohm su Krishnamurti e la meditazione. (LINK)
Articolo Tratto da: