Nella nostra interpretazione delle cose siamo sempre ingannati dai nostri sensi,  dal nostro punto di vista relativo. Come  esseri umani siamo  dotati di un corpo materiale costruito di carne e organi sensoriali,  il che ci lega  a dei punti di riferimento imprescindibili. Siamo immersi in questa condizione che ci  limita a determinate  dimensioni,  di conseguenza contestualizziamo la nostra esperienza vitale a questa specifica faccia della realtà.

Per poter andare oltre  dovremmo  necessariamente  superare questi  limiti fisici.  Il solo pensare a questa possibilità  implica per noi un’enorme sforzo di immaginazione, in quanto ci viene a mancare il sostegno della consuetudine. Abbiamo  la necessità di ricorrere al nostro pensiero creativo perchè ci troviamo in un ambiente  dove tutto ci è ignoto.

Noi  partiamo sempre dal presupposto che la materia sia la base dell’esistenza e che sia la sola cosa che veramente conta. Da quando   iniziamo  il nostro  percorso in  questa realtà è la  prima cosa che diamo per scontata.

L’uomo sin dall’antichità  ha cercato di dare anima alla materia, per renderla viva ed importante. L’energia è sempre stata vista come risultato di azioni della materia stessa. Il problema è che l’uomo ragiona sempre partendo dalla materia,  da li  cerca di dare un senso a tutto il resto.

Il salto mortale con capriola che dobbiamo fare è invertire l’ordine delle cose.  Dobbiamo pensare alla materia come  una conseguenza di un qualcosa che sta a monte , un riflesso, quasi un  materiale di scarto del mondo dell’energia e dello spirito. E’ come se guardassimo in uno specchio la nostra immagine riflessa e fossimo convinti che noi siamo solo l’immagine dello specchio. Ma la verità è che se manca il soggetto che si specchia, lo specchio resta vuoto, e così è per la materia. Se manca il soffio dello spirito che si proietta nello specchio… non c’è niente…

Immaginiamo di essere comodamente seduti a vedere la  proiezione di un film. Questo film è talmente bello, vivido e realistico che  noi ci immedesimiamo in quel che succede, tanto da dimenticarci chi siamo e a non pensare più a noi stessi. Diventiamo un tutt’uno con quello che succede nello schermo. E quando i nostri paladini soffrono soffriamo con loro e quando gioiscono gioiamo con loro. Non c’è più niente altro,  l’unica realtà è il nostro schermo. A questo punto non riusciamo più a  pensare che in fin dei conti è solo un film, perché ci siamo dentro anche noi, e ci fà male… e ci fà bene….  Non è solo una fantasia, è la nostra realtà.

Un osservatore esterno che assistesse alla scena  ci considererebbe solo come  dei burattini imbambolati con lo sguardo perso nel nulla, che  soffrono e gioiscono per il cambiamento di  una  luce colorata. La nostra realtà così solida è solo la proiezione di una volontà esterna. La materia non ha di per se spirito, la materia è la proiezione dello spirito, nella sua trasposizione più bassa.

La consapevolezza umana  è  così coinvolta nella realtà materiale tanto da  “innamorarsene”. L’individuo prigioniero di questa infatuazione  si ritroverà “costretto” a giocare  la sua partita. A seconda della sua capacità ed esperienza, si metterà in gioco  cercherà di controllare o si farà controllare, agirà o subirà e cercherà comunque di differenziarsi e di dare una ragione alla propria esistenza.

I veri  giochi però sono fatti a livello più alto,  gli esseri umani sono solo delle banderuole che  subiscono il condizionamento di questa realtà. Essi subiscono gli effetti  e le conseguenze  di  impulsi di volontà espressi ad un diverso livello spirituale. in questa situazione  il diritto al libero arbitrio e’ per lo più  una chimera. Il vero libero arbitrio  viene  esercitata  quando  decidiamo di non giocare più ai giochi degli altri, quando abbracciamo la filosofia del guerriero, quando smettiamo di giudicare e di farci giudicare, quando riusciamo a staccare i tentacoli che ci avvinghiano e ci confondono: quando diventiamo dei guerrieri senza macchia.

Se si considera la materia come l’effetto e non come la causa, dobbiamo anche cambiare il nostro modo di vedere noi stessi. Noi ci consideriamo come il risultato di un pensiero generato dal nostro cervello fisico, quindi noi ci riconosciamo nel  nostro mezzo  materiale. La nostra vera essenza è invece  l’espressione di una volontà esterna, di uno spirito  che è legato empaticamente al suo mezzo fisico, e  questa unione viene sigillata dal dolore fisico e dalle sensazioni piacevoli che colleghiamo alle esperienza provate dal nostro mezzo fisico. La nostra essenza guarda il dito del nostro mondo fisico e non vede la luna del suo splendore.

Il fatto però, di avere questa informazioni, non cambia assolutamente il tenore ele conseguenze  della nostra vita. Noi siamo e rimaniamo indissolubilmente collegati con il nostro mezzo fisico, ne siamo responsabili e dobbiamo continuare a coltivarlo con cura mentre  percorriamo  il nostro cammino di ricerca. Il nostro fine è quello di smettere di fissare l’immagine dello specchio, e di riuscire finalmente a  “girarci”  per vedere  chi è veramente l’essere  che si specchia.

Dobbiamo anche essere consapevoli che ampliando gli orizzonti, tutto assume  un significato ed un importanza diversa.

Per esempio quello che in questa realtà  per noi formichine può sembrare una calamità terribile perchè comporta la sofferenza di milioni di persone, oppure quella che può sembrare la realizzazione  meravigliosa di vantaggi sociali che portano benessere a milioni di di individui, alla fine sono solo  giochi visti da altri livelli spirituali. Perchè la sofferenza  e la gioia fanno parte di uno scopo che ci è sconosciuto e che non potremmo capire ne condividere, dal nostro punto di vista limitato.

Quello che ci sembra bene e quello che ci sembra male a questo punto hanno scopi ben più alti, sono  l’espressione  dello spirito creativo, il mantenimento della diversificazione, la lotta contro l’equilibrio che tende al  livellamento e alla  appianamento delle diversità.

E il bene non può esistere senza il male, e il male non può esistere senza il bene. Entrambi sono le due facce della stessa medaglia, e per perpetrare la creazione, e per sfuggire dal nulla c’è bisogno della luce che ha bisogno del buio.

La ricerca della libertà che ci porta alla conoscenza del nostro vero io, può quindi essere esercitata seguendo svariate vie, e in realtà hanno tutte pari dignità perchè servono  tutte allo  scopo del mantenimento dello spirito creativo.

Io la penso come Don Juan e per me la sola strada da seguire  “è quella che ha un cuore”.
Littleflower

Fonte: https://gradientitemporali.wordpress.com/2014/06/05/lo-specchio/




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