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“Voglio raccontarti una storia orientale molto antica che Jean Cocteau, nel 1923, inserisce nel suo romanzo “Le grand écart”:
“Un giovane giardiniere persiano dice al suo principe: “Salvami! Ho incontrato la Morte stamattina! Mi ha fatto un gesto di minaccia. Stanotte vorrei essere a Isfahan”.
Il buon principe gli presta i suoi cavalli. Nel pomeriggio, il principe incontra la Morte e le chiede: “Perché stamattina hai fatto un gesto di minaccia al mio giardiniere?”
“Non era un gesto di minaccia, ma un gesto di sorpresa. Perché stamattina lo vedevo lontano da Isfahan, e ad Isfahan lo devo prendere stanotte.””
Il giardiniere sceglie, liberamente, di fuggire a Isfahan e in questo modo va incontro al suo destino… una storia simile la troviamo nel Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo. Dunque, che rapporto c’è tra destino e libero arbitrio?

Lo stesso che c’è tra due opposti che apparentemente si escludono ma, in realtà, non possono esistere indipendentemente l’uno dall’altro: realizziamo il nostro destino attraverso l’esercizio del libero arbitrio!
Siamo assolutamente liberi di andare lì dove, fatalmente, dobbiamo arrivare… è paradossale.

Voglio farti una domanda semplice ma non facile: immagina uno sfortunato pellegrino che si è perso nel deserto e ha terminato la sua provvista d’acqua. Dopo ore di cammino, è quasi completamente disidratato. Ma la sua buona stella lo assiste: raggiunge un’oasi e qualcuno gli offre una ciotola d’acqua. Ecco la domanda: a questo punto, il pellegrino beve per una sua libera scelta o, piuttosto, perché costretto (destinato) dalle sue condizioni fisiologiche? Forse è costretto a scegliere, in tutta libertà, di bere. Il fatto è che, più ci avviciniamo alla verità, e più dobbiamo abituarci al paradosso… che forse, è tale solo rispetto alle ristrette categorie che la mente umana ha imposto a se stessa.

La nostra vita riflette precisamente (e dunque fatalmente) quello che siamo. Ci restituisce quello che noi emaniamo. Ma COSA emaniamo dipende da noi: dalle nostre convinzioni e dai nostri pensieri. Rispetto a questi, possiamo renderci liberi, piuttosto che schiavi.
Sono pienamente d’accordo con Mike Dooley, quando afferma: “Nulla gioca un ruolo maggiore nel costruire la nostra fortuna e la nostra sfortuna, dei pensieri che scegliamo di pensare”. In ultima analisi, il libero arbitrio è la possibilità che abbiamo, di decidere COME vogliamo reagire alle esperienze che viviamo nel qui ed ora.
Torniamo ai sogni: quelli precognitivi ci guidano e ci istruiscono mostrandoci in anticipo eventi che riguardano noi stessi oppure persone care o anche la collettività. I due momenti più importanti della vita, sono la nascita e la morte: questo spiega la frequenza dei sogni premonitori che ci annunciano l’una o l’altra. In particolare, quelli che riguardano la morte hanno sempre colpito la nostra attenzione.

Agli inizi del 1980, John Lennon ha fatto un sogno inquietante: era accusato del proprio omicidio, avvenuto vicino al Dakota Building sulla Central Park. Nel sogno era, contemporaneamente, vittima e assassino.
E continuava a dichiararsi innocente. L’ex Beatle, è stato ucciso l’8 dicembre 1980, vicino al Dakota, da un suo fan mentalmente squilibrato che voleva essere John Lennon. Si era completamente identificato con la sua vittima al punto che, come John, aveva sposato una giapponese e collezionava opere d’arte. La sera prima dell’omicidio, uscendo dal lavoro, si firma John Lennon…”

ROSELLA LATELLA
Fonte: https://www.facebook.com/psicoparole/photos/a.415654261900406.1073741827.409167982549034/891303807668780/?type=3


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