Chi conosce se stesso tramite la propria percezione diretta e percepisce il proprio Sé come un che di indiviso, quegli può dirsi perfettamente compiuto. Egli si trova pienamente a suo agio, e vive con il principio vitale individuale immutabile che dimora nel suo stesso Sé.
“Dove se n’è andato dunque il mondo, e donde era venuto fuori, e dove mai andrà a finire? Appena un attimo fa lo vedevo, ora non c’è più: che gran meraviglia! Che dovrei accettare, come sarebbe meglio rifiutare? Che c’è d’altro, di differente da me?
In questo immenso oceano dell’Assoluto, ricolmo del nettare di una beatitudine indivisa, non riesco a scorgere, udire o conoscere alcunché. Rimango nel mio Sé, che si presenta come perpetua beatitudine, e sono dotato di caratteristiche proprie solo a me stesso. Privo d’attaccamento io sono, immune da ogni corpo, privo di attributi: Hari io sono!
Acquietato, infinito, in me compiuto, Brahma l’antico di giorni io sono! Non soggetto d’azione e neppure oggetto, esente da mutamenti e imperituro io sono, ed appaio come pura luce intellettuale. Svincolato da qualsivoglia legame, Shiva l’eterno io sono!”
Adhyatmopanisad II 65 – 70
Io sono l’Assoluto, ch’è essere, coscienza e suprema beatitudine, e null’altro.
Mahopanisad II 11 b
Nadabind Upanishad
Fonte: http://it-it.abctribe.com/Wiki/linguistica_indo_aria/universit%C3%83%C2%A0_degli_studi_di_torino_linguestraniere_qualsiasi/_gui_4784_22
Fonte immagine: santmatradhasoami.wordpress.com