Le favole, le storie e le leggende, oltre ad avere un contenuto storico culturale del luogo che le ha prodotte, hanno spesso anche un contenuto “nascosto” che emerge sottoforma di simbolo e rimane nello psichismo. A volte solo più tardi è possibile, con il vissuto esperienziale, assistere ad un successivo riproporsi, nella memoria , della importanza veridica della favola che il “nonno” ci raccontava da bambini.
Ed è proprio per i bambini che le favole hanno maggiore importanza, perchè arrivano all’essenza, saltano le difese razionali e costringono a vedere la realtà, nella sua semplicità e crudezza.
Gesù parlava attraverso “racconti” (parabole) ad una società “bambina” che non avrebbe mai sopportato l’evidenza di un insegnamento troppo diretto. Ed anche Gurdjieff stesso definisce il racconto un mezzo proprio attraverso il quale il giovane viene istruito in maniera efficace, atrofizzando i suoi respingenti e permettendogli, così, di avere una corretta chiave di lettura sempre a sua disposizione, del materiale facilmente gestibile per la memoria.
E se ci pensiamo bene possiamo capire perchè una favola rimane più a lungo nella nostra mente di un bel discorso accademico: essa costringe il centro emotivo a risvegliarsi per mezzo dell’identificazione con il protagonista.
Le favole sono un chiarissimo esempio di adattamento metodologico dell’insegnamento alla costituzione dell’uomo di sempre, affascinato e catturato dalla magia della fiaba.
Queste storie non sono solo “semplici racconti” ma vere e proprie iniziazioni per la nostra anima.
Anche se razionalmente alcune potremmo non comprenderle o non apprezzarle, cerchiamo senza troppo giudizio di depositarle in noi.
Chissà che il turbinio della vita non le riporti a galla, domani, con il sorriso di chi ha compreso.
Fonte: www.quartavia.org/racconti.htm