Una delle più importanti ipotesi sull’origine e sulla provenienza della Musica ci giunge dalla tradizione orfeico-pitagorica. L’Apollo Iperboreo dalla “coscia d’oro” (Pitagora, per intenderci), c’insegna come la Musica non sia altro che un pallido riflesso di quel divino suono prodotto dai moti armonici dei Dieci corpi celesti che ruotano attorno ad un Fuoco centrale (di quì le dieci note del Salterio Decacorde, lo strumento mistico che svelò a Gioacchino da Fiore il mistero della Trinità).

Per Pitagora quindi lo studio della Musica e dell’Astronomia, già note dai tempi dei Caldei, condotto su leggi matematiche, costituirebbe un notevole tramite per raggiungere la Conoscenza. Non è indegno di nota il fatto che tale ipotesi sistematica abbia avuto ampio consenso in tutto il mondo culturale di allora e abbia influenzato attivamente il pensiero di grandi personaggi come Platone, Aristotele e Plotino (per citare i più autorevoli), tanto da sopravvivere anche alle scoperte rivoluzionarie di Copernico e Galileo.
E’ vero. Infatti fu proprio Pitagora a scoprire che cambiando la lunghezza di una corda vibrante se ne modifica la nota prodotta. Questo fenomeno permise a Pitagora di trovare la relazione matematica tra la lunghezza della corda e gli intervalli della scala musicale. Questi rapporti erano dei semplici rapporti numerici. La nota di una corda che è la metà dell’altra ha una frequenza doppia (1:2) che si chiama ottava. Altri importanti intervalli – almeno per quanto attiene la Musica Occidentale – sono quelli detti di quinta perfetta (2:3) e quelli detti di quarta perfetta (3:4).

 

I movimenti celesti … non sono nient’altro che un canto ininterrotto per molte voci percepito non dall’orecchio, ma dalla mente, una melodia figurata che traccia dei punti di riferimento nell’incommensurabile fluire del tempo.

Roberto Zamperini
Fonte: www.zaro41.wordpress.com/2010/04/15/i-misteri-della-musica-1/

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