Quando ho piantato il mio dolore nel campo della pazienza, mi ha dato il frutto della felicità.
Khalil Gibran
E’ curioso come pensiamo al termine pazienza sempre con un sospiro, come qualcosa di noioso che richiede un attesa, uno stallo, una fastidiosa impossibilità d’azione.
La pazienza è un alleata gentile, è il sacro fuoco che alimenta la fiducia per quello che ancora deve venire.
La consapevolezza che la vita non finisce qui, in questo o quel momento di blocco, è il nutrimento divino e guaritore che ci unisce alla speranza, che non ha meramente il ruolo di farci sognare, ma al contrario porta in se la forza che genera gli eventi e le occasioni alle quali effettivamente aspiriamo.
Certo, è facile avere fiducia quando tutto va bene, ma è proprio compito del mago guerriero custodire dentro di se quel bagliore a cui attingere quando tutto sembra assumere le fattezze semioscurità.
E ancor più difficile è mantenere quel fuoco vivo e acceso, ci vuole una constante volontà a canalizzare quella parte di pensieri, emozioni, che ci incatenano sempre nella stessa condizione.
In questa frammentazione, la missione è quella di ritrovare l’Integrità: trasformare per poi unire.
Il Solve et Coagula che ci insegna l’Alchimia, evidenzia questo sacro passaggio che possiamo interpretare come sciogliere, dissolvere le parti di noi che ci trattengono nella prigione della frustrazione, per poi coagulare e rendere unito l’Essere, la nostra divinità interiore, regalandole l’opportunità di tornare nella condizione di essere una, libera ed autentica.
Nell’arcano numero 14, l’androgina temperanza, riesce perfettamente in questo intento, dove con un equilibrio straordinario travasa il liquido da una coppa all’altra, senza farne cadere nemmeno una goccia.
Quale sfida da audaci, stare in mezzo alla morte che col suo cavallo ci obbliga al cambiamento e al diavolo, che ci sfida al ricordo di noi.
La calma unita alla fiducia, fanno da supporto a questo atto magico, dove il paesaggio che abbiamo davanti è un luogo naturale, lontano dal rumore, meditativo e silenzioso, come quello che dovrebbe essere la nostra mente quando la tempesta si manifesta.
Il liquido di cui parliamo è il nettare degli dei, quello versato da Ebe nell’Olimpo, e questo ci riporta nella fluidità dell’esistenza, dove quindi la pazienza diventa alleata del movimento della vita, ricordandoci che anche quando pensiamo che tutto sia bloccato la vita continua, nel suo percorso naturale.
Nei tarocchi Rider Waite ai piedi dell’essere alato vi è un cammino che porta a un territorio montuoso, dove sopra, si erige una luce. La figura della Temperanza è di spalle, non può (apparentemente) vedere cosa accade dietro di se, eppure con rigorosa calma procede nel suo rituale, perché il sole al centro della sua testa è la coscienza che non sbaglia mai, e a volte basterebbe solo contemplarne la voce, in silenzio, per continuare fiduciosi nel cammino.