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Da circa 2 anni ho la grande opportunità di seguire, appoggiando la famiglia ospitante, un bimbo stupendo di 9 anni, che chiameremo Ivan, che arriva dalla Bielorussia e ogni anno resta in Italia per due mesi in estate e per un mese nella stagione invernale.
Ivan in Bielorussia vive in un orfanotrofio in cui le condizioni di vita sono, a mio parere, precarie. Figuriamoci dunque tutto ciò che può riguardare l’aspetto educativo, relazionale e affettivo.
È in orfanotrofio perché è figlio della realtà di Chernobyl. Quando è arrivato la prima volta, con la valigia vuota e le scarpe rotte (come tutte le volte successive in cui è tornato), era pallido, lo sguardo un pò spento e bisognoso, aveva frequenti pruriti al corpo – da tensione nervosa – (di cui ci avevano avvisati), irrequietezza, e se vogliamo usare un termine comune a tutti: sembrava “iperattivo”.
Ai miei occhi non è mai stato “iperattivo”, naturalmente, ma semplicemente un cucciolo come tanti, bisognoso delle cure di base, delle attenzioni primarie di amore e contatto di cui non aveva mai goduto.
La mia esperienza con Ivan
Stando con lui ho spesso assistito ad affermazioni di questo tipo da parte degli adulti: “Eh, certo che prima o poi deve imparare a stare con gli altri”, “Non puoi avere tutto”, “Poverino” (che umiliazione!), “Adesso basta!”, “Eh, è dura, non sta fermo un attimo”…
Strano, perché l’ho visto parecchie volte stare fermo:
- quando lo prendo in braccio sulle ginocchia
- addirittura ogni tanto lo cullo sulla poltrona
- quando gli dico di venire da me perché voglio fargli tanti baci
- ogni volta che lo guardo negli occhi e gli parlo con calma
- ogni volta che interagisco con lui con interesse e profondità di sentimento.
Con lui ho adottato tutto quello che, come sai, insegno quotidianamente in consulenza e nei corsi e che ho riportato nel libro Smettila di reprimere tuo figlio:
dalla “regressione” alla “danza del sì”, dalle coccole agli esempi dolci e amorevoli su quelle che sono le norme per vivere bene anche con gli altri e con la propria persona, mi sono lasciata imitare in tutto. Ti faccio qualche esempio pratico.
Il disordine e i vestiti lasciati per le scale
Come molti bambini e come tutti quelli nella sua condizione, è naturalmente “molto disordinato” e “confusionario”. Senza parole e senza spiegazioni ho semplicemente creato le condizioni per cui potesse stare il più possibile con me a guardarmi, a osservarmi e a imitarmi nelle cose che facevo durante la giornata, in quello che dicevo e come lo dicevo.
È bastato poco, circa 10 giorni, per vederlo mettere i vestiti sporchi nel cesto in bagno anziché buttati sulle scale svestendosi mentre saliva, oppure per sentirlo dire: “Roberta, vado a lavare i denti vieni anche tu con me?” oppure “Tu te li sei già lavati?”, per sentirlo dire “Grazie” o “Prego”, per vederlo usare molto bene il computer, ecc..
Il lavaggio dei denti con la terra
Ogni volta in cui si mangiava andavo in bagno per lavarmi i denti chiedendo a lui di venire con me. Quando invito i bambini a svolgere questi “doveri”, è fondamentale che in me non ci sia il senso dell’obbligo, la pesantezza di dover fare un qualcosa che di solito non piace, ma ci sono gioia e voglia di giocare.
Arrivati in bagno, lui iniziava a guardare tutto quello che facevo e a fare altrettanto (tutti i bambini lo fanno, anche se noi non ce ne accorgiamo), proprio come se fosse il mio specchio: io prendevo lo spazzolino e lui anche, io iniziavo con i denti davanti e lui anche, osservandomi e cercando di muovere nei minimi dettagli lo spazzolino come lo muovevo io.
Ogni genitore, educatore e nonno ha vissuto questi momenti di imitazione. Tanto che dopo qualche giorno mi ha chiesto esplicitamente “Aspetta, vai piano, fammi vedere bene come fai. Così?”. Che meraviglia: non ho spiegato, non ho ripetuto, nulla di tutto ciò, ho semplicemente rallentato perché lui potesse vedere meglio e fare altrettanto.
In più mi ha chiesto perché non mi lavassi con un dentifricio come il suo, ma usassi quella specie di “terra”. Gli rispondo che si chiama argilla e che la uso per lavarmi i denti. “E perché non usi questo?”: la mia unica, calma e sicura risposta è stata “Perché lo preferisco”.
Da quel giorno anche lui ha voluto lavarli con l’argilla e prima della sua partenza per il ritorno in Bielorussia se ne è fatto preparare un sacchettino da portare con sé.
Patatine, tonno e wurstel
L’alimentazione è per lui un altro tasto dolente: pizza, coca-cola, patatine, pasta al pomodoro, scatolette di tonno, wurstel. Questa era la sua alimentazione tipo. Nulla di più. Come migliorare la situazione? Innanzitutto gli ho dato modo di acquistare stima in me:
- Ho passato tempo di qualità con lui e abbiamo giocato parecchio insieme
- Non mi sono mai arrabbiata e nella calma ho sempre cercato di mettermi al suo posto e comprendere le sue motivazioni
- Se non aveva voglia di fare qualcosa (ritirare i giochi, pulire la piscina prima di farci il bagno, farsi la doccia, ecc.) ero comprensiva con lui e gli proponevo di farlo insieme: all’inizio ritiravamo insieme i giochi, pulivamo la piscina facendo io le cose più faticose e lui quelle più leggere, lo accompagnavo in bagno e stavo con lui mentre si lavava aiutandolo per esempio a ritirare i vestiti sporchi, a lavarsi bene i capelli, a ricordargli di pulire anche le orecchie. Il tutto senza fretta, proprio come una chioccia. Pian piano si è sempre più autonomizzato anche in questo.
- L’ho coccolato moltissimo e di continuo gli ho verbalizzato quanto gli volessi bene e quanto fosse un bambino speciale, sempre e in ogni occasione tanto da diventare il suo riferimento: adesso sente che ciò che viene da me è cosa giusta e sana.
- Poi l’ho coinvolto nella raccolta dei prodotti dell’orto, nella spesa e nel cucinare insieme.
- Ho lasciato che vedesse quello che mangiavo (cucinando spesso inizialmente piatti differenti per me e per lui in quanto non mangio le cose che ti ho elencato poco sopra). Non l’ho mai forzato a mangiare quello che mangiavo io. Ad un tratto, dopo i primi 7 giorni, si è attivata la sua curiosità: voleva assaggiare.
Da quel momento, per ora, non fa pasti abbondanti di “cibi salutari” ma li assaggia e li mangia: insalata, pomodori, pasta ripiena fatta in casa, frittata con le verdure, torte salate, acqua, ecc. E a merenda?… Vuole sempre il frullato di anguria! (con gran stupore degli altri adulti increduli…).
Dopo 2 anni di affido…
Dopo 2 anni di affido, quindi 6 mesi in tutto di permanenza effettiva in Italia, la persona che lo ospita e alcuni altri adulti che lo frequentano hanno concluso che lo vedevano:
- “cresciuto”
- “maturato”
- “più tranquillo e sereno”
Ogni giorno trovo sempre una conferma in più: di qualsiasi bambino si tratti, da qualsiasi posto arrivi, qualunque colore abbia, qualsiasi passato abbia, i principi dell’educazione secondo natura, se applicati con costanza, non falliscono e non deludono in nessun caso.
Sono curiosa di conoscere anche le tue esperienze con i bambini. Lascia un commento. Grazie. 🙂
Buona giornata,
Roberta
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Fonte: http://www.bimbiveri.it