Il problema, che sta alla base di tutti i problemi, è la mente stessa. Quindi, come prima cosa, è necessario sapere che cosa sia la mente; di che materiale sia fatta, se sia un’entità o solo un processo; se sia sostanziale o solo un’apparenza.
E, a meno che non si conosca la natura della mente, non riuscirete mai a risolvere nessun problema della vostra vita.
Potete sforzarvi, ma se cercate di risolvere problemi singoli, individuali, siete destinati a fallire: questo è assolutamente certo. Infatti, non esiste un solo problema individuale: la mente è il problema. Anche se risolvi questo o quel problema, non servirà a nulla, perché la radice rimane intoccata.
E’ proprio come potare i rami di un albero, sfrondarlo senza sradicarlo. Nuove foglie spunteranno, nuovi rami cresceranno, anche più di prima; la potatura aiuta l’albero a diventare più rigoglioso. A meno che tu non sappia come potarlo, il tuo sforzo non ha senso: è stupido. Distruggerai te stesso, non l’albero.
In quella lotta, sprecherai energia, tempo, vita, e l’albero diventerà sempre più forte, più fitto e più folto. Sarai sorpreso di ciò che accade: fai un lavoro durissimo, cercando di risolvere questo o quel problema, ma i problemi continueranno a crescere e ad aumentare. Anche se si risolve un problema, altri dieci prenderanno il suo posto.
Non cercare di risolvere i singoli problemi separatamente: non ne esistono; la mente in quanto tale è il problema.
Ma la mente è nascosta sottoterra; per questo dico che è la radice: non si vede. Quando ti trovi ad affrontare un problema, questo è alla luce del sole, puoi vederlo, e per questo t’inganna. Ricorda sempre che ciò che si vede non è mai la radice: la radice rimane sempre invisibile, è sempre nascosta. Non lottare mai con ciò che è manifesto, perché ti troverai a lottare con delle ombre. Può accadere che tu ti perda, ma non sarà possibile alcuna trasformazione della tua vita; gli stessi problemi continueranno ad affiorare.
Se osservi la tua vita, puoi capire ciò che intendo dire. Non sto parlando della mente su un piano teorico, ma della sua realtà pratica. Questo è il fatto: la mente dev’essere dissolta.
Le persone vengono da me e mi chiedono: “Come si può arrivare ad avere una mente serena?” E io rispondo: “Non esiste niente di simile. Mente serena? Non ne ho mai sentito parlare.” La mente non è mai serena, la pace è non-mente. La mente di per sé, non può mai essere serena, silenziosa. Per sua stessa natura, la mente è in tensione, è in uno stato di confusione.
La mente non può mai essere limpida; non può avere chiarezza, perché per sua natura è confusione, annebbiamento. La chiarezza è possibile senza la mente; la pace è possibile senza la mente; il silenzio è possibile senza la mente. Quindi, non provare mai a raggiungere una mente silente.
Se ci provi, fin dall’inizio ti muovi in una dimensione impossibile.
Perciò, la prima cosa da fare, è comprendere la natura della mente; solo così è possibile fare qualcosa.”
Se provi a osservare, vedrai che non ti imbatti mai in qualcosa di simile alla mente. Non è una cosa, è solo un processo; non è una cosa, assomiglia a una folla. Esistono pensieri individuali, ma si agitano così velocemente che è impossibile vedere gli intervalli tra l’uno e l’altro. Non riesci a vedere questi intervalli, perché non sei molto consapevole e all’erta: hai bisogno di un’intuizione più profonda. Nel momento in cui i tuoi occhi riescono a guardare più in profondità, all’improvviso individuerai un pensiero, poi un altro e un altro ancora, ma non ci sarà nessuna mente.
L’insieme dei pensieri — milioni di pensieri — ti danno l’illusione che la mente esista. E’ proprio come una folla: milioni di persone che si affollano; esiste qualcosa che possa essere definibile “folla”? Puoi dire che una folla esiste, al di là di un insieme di individui che sono raccolti in uno stesso luogo?
Ma il loro stare insieme, il fatto che sono raccolti in gruppo, ti dà la sensazione che esista qualcosa che puoi definire “folla”.
Solo gli individui esistono.
Questo è il primo passo nella comprensione della mente. Osserva e troverai i pensieri, ma non incontrerai la mente. E se questa osservazione diventa davvero una tua esperienza diretta — non perché te lo dico io: in questo caso non ti sarà di molto aiuto — se diviene la tua esperienza, se diventa un elemento della tua conoscenza, all’improvviso, molte cose inizieranno a cambiare. Poiché hai compreso un aspetto così profondo della mente, seguiranno molti cambiamenti.
Osserva la mente, e guarda dov’è, che cos’è. Scoprirai che i pensieri galleggiano, e che esistono spazi intermedi fra l’uno e l’altro. E se prolunghi la tua osservazione, ti accorgerai che gli intervalli sono più numerosi dei pensieri, perché ogni pensiero deve essere separato dall’altro; di fatto, ogni parola è separata dall’altra. E più vai a fondo, e più intervalli troverai, e sempre più ampi. Vedrai un pensiero che galleggia, poi uno spazio dove non c’è alcun pensiero; quindi verrà un altro pensiero, poi un altro spazio ancora.
Se sei inconsapevole, non puoi scorgere questi intervalli: salti da un pensiero all’altro, non vedi mai quell’intervallo. Se acquisti consapevolezza, vedrai spazi sempre più numerosi; se diventi del tutto consapevole, allora ti si riveleranno spazi immensi. E proprio in quegli spazi accade il “satori”. In quegli spazi, la verità bussa alla tua porta. In quegli spazi, arriva l’ospite; in quegli spazi, si realizza dio, o in qualsiasi altro modo tu voglia chiamare questa esperienza. Quando poi la consapevolezza è assoluta, allora esiste solo un unico vasto intervallo di nulla. Accade proprio come con le nuvole: le nuvole si muovono, e possono essere così dense, da non permettere di vedere il cielo nascosto dietro di loro. Si è perduta l’azzurra vastità del cielo; sei completamente avvolto dalle nuvole. In questo caso continua a osservare: una nube si muove e un’altra non è ancora entrata nel tuo campo visivo e… all’improvviso, uno squarcio nell’azzurro del cielo infinito.
La stessa cosa accade dentro di te: tu sei l’azzurra vastità del cielo, e i pensieri sono come nubi che si librano sopra di te, ti riempiono. Ma gli intervalli esistono, il cielo esiste. Intuire per un attimo, che cosa sia il cielo, è satori; diventare il cielo è samadhi. L’intero percorso, che dal satori va al samadhi, è un tuffo nella comprensione della mente: nient’altro.
La mente non esiste come entità separata. Questa è la prima cosa: solo i pensieri esistono.
La seconda cosa: i pensieri esistono indipendentemente da te; non sono un tutt’uno con la tua natura, ma vanno e vengono, mentre tu continui a esistere, permani. Tu sei come il cielo: è sempre là, né viene, né va. Le nubi invece passano; sono un fenomeno di pochi attimi, non durano in eterno. Anche se cerchi di attaccarti a un pensiero, non puoi trattenerlo a lungo: deve andare, perché nasce e muore. I pensieri non sono tuoi, non ti appartengono. Sono visitatori, ospiti, ma non sono i padroni di casa.
Osserva profondamente, e a quel punto sarai davvero il padrone e i pensieri saranno gli ospiti. E finché rimangono tali sono belli, ma se ti dimentichi completamente di essere il padrone di casa, ed essi prendono il tuo posto, allora sarai nei pasticci. Ecco cos’è l’inferno: tu sei il padrone di casa, la casa ti appartiene, ma i padroni sono gli ospiti… ricevili, prenditene cura, ma non ti identificare con loro, altrimenti diventeranno i padroni.
La mente diventa il problema, perché i pensieri sono così profondamente radicati in te, che hai scordato completamente le distanze fra te e loro, ha scordato che sono solo dei visitatori che vanno e vengono.
Ricorda sempre colui che dimora in te: quella è la tua natura, il tuo Tao. Stai sempre attento a ciò che mai va e mai viene, proprio come il cielo. Cambia la “gestalt”: non ti fissare sui visitatori; rimani radicato nella consapevolezza di essere il padrone: gli ospiti potranno andare e venire. Naturalmente, ci sono ospiti buoni e ospiti cattivi, ma non te ne devi preoccupare. Un buon padrone di casa dedica a tutti gli ospiti la stessa attenzione, senza fare alcuna distinzione. Un buon padrone, è un buon padrone: si presenta un cattivo pensiero e lui lo tratta esattamente come fa con quelli buoni. Non lo riguarda affatto che i pensieri siano buoni o cattivi. Infatti, distinguendo tra pensieri buoni e cattivi, che cosa fai? Ti avvicini ai pensieri buoni e respingi lontano da te quelli cattivi; e prima o poi ti identificherai con quelli buoni, ed essi diventeranno i padroni. Qualsiasi pensiero, quando diventa il capo, crea miseria, perché non è la verità. Il pensiero è un simulatore con cui tu ti identifichi, e quell’identificazione è una malattia.
Gurdjieff, era solito affermare la necessità di una sola cosa: non essere identificato con ciò che va e viene.
Il mattino, il giorno, la sera, vengono e poi se ne vanno; arriva la notte e poi ancora il mattino. Tu permani (non in quanto “tu”, perché anche questo è un pensiero) in quanto pura consapevolezza; non il tuo nome, anche questo è un pensiero; non la tua forma, anch’essa è un pensiero; non il tuo corpo, perché un giorno ti accorgerai che anch’esso è un pensiero: solo pura consapevolezza, senza nome, senza forma. Solo la purezza, l’assenza di forma e di nome; solo il fenomeno reale dell’essere consapevole; solo questo permane.
Se ti identifichi, diventi la mente. Se ti identifichi, diventi il corpo. Se ti identifichi diventi il nome e la forma, e a questo punto il padrone si è perso e tu dimentichi l’eterno e ciò che è momentaneo acquista importanza e rilievo.
Ciò che è momentaneo è il mondo, l’eterno è divino.
Questa è la seconda intuizione a cui devi giungere: riconoscere che tu sei il padrone e i pensieri sono gli ospiti.
Se continui a osservare, presto arriverai al terzo punto: ti accorgerai, cioè, che i pensieri sono stranieri, intrusi, estranei. Nessun pensiero ti appartiene: entrano sempre dall’esterno; tu sei solo un passaggio. Un uccello entra in casa da una porta e vola via da un’altra. Proprio come un pensiero entra e esce da te.
Continui a credere che i pensieri siano tuoi; non solo, combatti per loro, dicendo: “Questo è il mio pensiero, è vero.” Parli, discuti, dibatti, cerchi di mostrare che quello è il tuo pensiero.
No, nessun pensiero è tuo, nessun pensiero è originale, tutti sono presi a prestito, e non sono neanche di seconda mano, perché sono stati di milioni di persone prima di te…
Un pensiero è altrettanto esterno a te, quanto un oggetto.
Il famoso fisico, Eddington, ha affermato da qualche parte, che quanto più la scienza va in profondità nell’analisi della materia, tanto più fortemente emerge la consapevolezza che le cose siano pensieri… può essere, non sono un fisico, ma d’altro canto vorrei dirvi… Eddington può aver ragione nel dire che andando sempre più in profondità, cose e pensieri si assomigliano sempre di più. Se scendi profondamente in te, i pensieri saranno sempre più simili a cose.
In effetti, sono le due facce del medesimo fenomeno: una cosa è un pensiero, un pensiero è una cosa.
Che cosa intendo dire affermando che un pensiero è una cosa? Voglio dire, che puoi lanciare i pensieri come fai con le cose. Con un pensiero si può addirittura colpire qualcuno in testa, proprio come fai con un oggetto. Con un pensiero si può uccidere una persona, come se le lanciassi contro un pugnale. Si può offrire il proprio pensiero come un dono, oppure diffonderlo come una malattia. I pensieri sono cose, hanno forza, ma non ti appartengono. Arrivano, dimorano per un po’ dentro di te, poi ti lasciano. L’intero universo è colmo di pensieri, e di cose: queste rappresentano la tensione fisica dei pensieri e quelli la tensione mentale delle cose.
Questa è la terza intuizione rispetto ai pensieri: essi sono cose, che hanno forza, e che bisogna trattare con cautela.
Di solito si continua, inconsapevolmente, a pensare a qualsiasi cosa. E’ difficile trovare una persona che, con l’intenzione, non abbia commesso molti delitti; altrettanto difficile è trovare una persona che, con la mente, non abbia commesso ogni sorta di peccati e crimini: e poi queste cose accadono. E ricorda, puoi anche non uccidere, ma pensare continuamente di uccidere qualcuno, può creare la situazione per cui quella persona venga uccisa. Il tuo pensiero, può essere catturato da qualcuno, perché intorno a te esistono persone più deboli e i pensieri scorrono verso il basso, come l’acqua. Così, se pensi di continuo qualcosa, qualcuno che sia in una condizione di debolezza, può far suo il tuo pensiero e uccidere un uomo.
Per questo, chi ha raggiunto la conoscenza dell’intima essenza dell’uomo, afferma che ognuno di noi, e tutti in verità, siamo responsabili per ciò che accade sulla terra. La guerra del Vietnam non è solo responsabilità di Nixon: ogni essere pensante ne è responsabile. Esiste solo un individuo che può non addossarsi tale responsabilità: colui che è nello stato di non-mente. Per il resto, ognuno di noi è responsabile di tutto ciò che accade. Se la terra è un inferno, tu ne sei il creatore, tu ne partecipi.
Non continuare a buttare addosso agli altri la responsabilità, perché è anche tua, è un fenomeno che interessa l’intera collettività. Può essere che la malattia esploda in un luogo qualunque: l’esplosione può verificarsi a migliaia, milioni di chilometri lontano da te: questo non fa alcuna differenza, perché il pensiero è al di là dello spazio, non ne ha bisogno.
Questo è il motivo per cui viaggia velocissimo, neppure la luce si propaga alla stessa velocità, in quanto ha bisogno dello spazio per muoversi. Il pensiero viaggia ancor più veloce, in quanto non ha bisogno del tempo per muoversi, lo spazio per lui non esiste. Puoi essere qui, pensare a qualcosa, e questa stessa cosa accade in America. Come ti si può ritenere responsabile? Nessun tribunale può punirti, ma di fronte alla corte suprema dell’esistenza sarai condannato, anzi sei già stato condannato. Per questo sei così infelice.
La gente mi dice: “Non abbiamo mai fatto del male a nessuno, eppure siamo tanto infelici.” Anche senza far niente, tu puoi pensare, e il pensiero è più sottile dell’azione. Ci si può difendere dall’azione, ma non dal pensiero. Tutti sono vulnerabili rispetto al pensiero. Non pensare, è una necessità irrinunciabile per poter essere liberi dal peccato, liberi dal crimine, liberi da tutto ciò che ci circonda: questo significa essere un buddha.
Un buddha è un individuo che vive senza la mente, perciò non è responsabile. Per questo motivo, in Oriente, diciamo che un buddha non accumula mai “karma”, né crea situazioni confuse e aggrovigliate che incideranno sul futuro. Egli vive, cammina, si muove, mangia, parla, fa un sacco di cose, per cui dovrebbe accumulare dei “karma”, perché “karma” significa attività. Eppure, in Oriente diciamo che ciò non accade: anche se un buddha commette un omicidio, non si crea un “karma”. Come mai? E perché tu, anche se non uccidi, accumuli comunque “karma”?
E’ semplice: tutto quello che un buddha fa, lo fa al di là della mente. E’ spontaneo, non si muove sul piano dell’agire, non ci pensa: accade. Non è colui che agisce, egli è un vuoto; non mette in azione la mente, non progetta qualcosa, ma se l’esistenza fa sì che qualcosa accada, egli lascia che ciò avvenga. Non c’è più in lui l’ego a opporre resistenza, non è più l’ego ad agire.
Essere vuoto ed essere un non-sé, significano questo: essere un semplice “non-essere”, anatta, assenza del sé. In questo caso, niente si accumula; quindi, non sei responsabile di niente che accada intorno a te, per cui trascendi.
Ogni pensiero ha un qualche effetto concreto per te e per gli altri. Stai bene attento!
Se dico di stare bene attento, non intendo riferirmi all’avere pensieri positivi, no. Infatti, se hai pensieri positivi, ne avrai anche di negativi. Come può esistere il bene senza il male? Se pensi all’amore, scoprirai che proprio lì vicino, appena dietro l’amore, è nascosto l’odio. Come fai a pensare all’amore senza pensare anche all’odio? Puoi non pensarlo a livello cosciente; l’amore può risiedere negli spazi consci della mente, ma l’odio è nascosto nell’inconscio e si muovono insieme.
Ogni qualvolta pensi alla compassione, pensi alla crudeltà.
Puoi forse pensare alla compassione, senza pensare alla crudeltà?
Puoi pensare alla non violenza, senza pensare alla violenza?
La stessa parola “non- violenza” contiene la violenza; è inclusa in quello stesso concetto.
Puoi pensare al celibato, senza pensare al sesso?
E’ impossibile: che valore avrebbe il celibato, senza l’idea del sesso?
E se si fonda sull’idea di sesso, che razza di celibato è?
No, esiste una qualità dell’essere completamente diversa, che nasce dal non pensiero: non pensieri positivi o negativi, semplicemente uno stato di non pensiero. Limitati ad osservare, rimani consapevole, ma non pensare. E se qualche pensiero entra… ed entrerà sicuramente, perché i pensieri non sono tuoi, galleggiano nell’aria. Tutt’intorno esiste una noosfera, una sfera del pensiero che ti circonda completamente. Così come l’aria, il pensiero è tutt’intorno a te, e continua a entrare in te per conto suo: si ferma solo col crescere della tua consapevolezza. C’è qualcosa in lei: allorché diventi più consapevole, scompare semplicemente, si dissolve, perché la consapevolezza crea un’energia più forte del pensiero.
La consapevolezza è come il fuoco per il pensiero. Quando accendi una lampada in casa, l’oscurità non riesce più a entrare; la spegni, e da ogni parte il buio si diffonde: in meno di un attimo ti avvolge. L’oscurità, non entra in una casa con le luci accese; i pensieri sono come l’oscurità: entrano soltanto se all’interno non c’è luce. La consapevolezza è un fuoco: più diventi consapevole, meno pensieri entrano in te.
Se ti integri veramente nella tua consapevolezza, i pensieri non entrano in te: diventi come una cittadella inespugnabile, niente può penetrarvi. Ciò non significa essere chiusi, anzi, vuol dire essere incondizionatamente aperti, ma la stessa energia della consapevolezza diventa la tua roccaforte. E se i pensieri non possono entrare in te, ti gireranno intorno e se ne andranno. Li vedrai arrivare e, semplicemente, non appena ti arrivano vicini, prenderanno un’altra strada. A quel punto potrai andare ovunque, anche all’inferno: niente potrà sfiorarti più.
Questo è ciò che intendiamo per illuminazione.
Osho, Tratto da: “Tantra: La comprensione suprema”