“La giovinezza non è un periodo della vita. È uno stato dello spirito, un effetto della volontà, una qualità dell’immagine, un’intensità emotiva…”.

Con queste parole incomincia un’ormai famosa iscrizione sul tema della giovinezza, posta all’interno di una chiesa di Baltimora. I suoi profondi contenuti, perfettamente aderenti allo spirito psicosintetico e meritevoli di attenta meditazione, rappresentano per altro uno stimolo invitante e curioso a voler considerare il tema della giovinezza anche in chiave intrapsichica. Ovvero in che modo una condizione psichica di “giovinezza” ci possa aiutare a relazionarci con le diverse culture presenti all’interno di noi, vale a dire con i diversi linguaggi, logiche, esigenze, prospettive e interessi delle nostre diverse parti.

All’interno dell’individuo si può dire che ogni subpersonalità rappresenti metaforicamente un’entità culturale autonoma, più o meno simile o diversa dalle altre, proprio come avviene fra culture di popoli diversi, e che essa debba comunque imparare a mediare questa sua diversità all’interno di un più ampio contesto culturale comune, facendo così della sua specificità una ricchezza e non un ostacolo o una chiusura allo scambio interculturale, vale a dire all’interconnessione e al dialogo creativo tra le subpersonalità e gli elementi psichici più vari.

L’obiettivo di realizzare all’interno di sé una condizione di sintesi, intesa come unità nella diversità, cioè quello stato di cooperazione armoniosa fra entità psichiche diverse che Assagioli rende così bene con l’immagine dell’orchestra interna, diretta dall’Io, può essere benissimo anche interpretato come la necessità di realizzare un’integrazione tra “culture” diverse all’interno di sé. Con tutte le analogie che ne conseguono.

Quello che forse è più interessante, è chiedersi come un atteggiamento interiore di “giovinezza” possa favorire o meno questo processo. E perché dovrebbe farlo.

Riferendoci alla citazione iniziale, gli aspetti in particolare dell’“intensità emotiva” e della “qualità dell’immagine” ci rimandano a quelle fondamentali categorie della giovinezza che sono la plasticità e la flessibilità, contrapposte alla strutturazione e alla maggior rigidità proprie dell’età adulta. La giovinezza è la stagione dell’energia nascente, dell’energia che sta prendendo forma, che si sta strutturando, si sta conformando a un modello, ma in modo ancora facilmente reversibile, duttile, provvisorio e sperimentale. La giovinezza rappresenta l’età della formazione e della preparazione, a cui farà seguito la fase adulta della costruzione e della produzione, e proprio per questo essa si caratterizza per una particolare ricettività e disponibilità verso tutto ciò che è nuovo, e quindi implicitamente diverso.

Questo si verifica perché, non avendo ancora fatto scelte di fondo nella vita, cioè adottato modelli e ruoli che inevitabilmente finiscono per condizionare, nella giovinezza è massimo l’interesse e la disponibilità a relazionarsi con ciò che è nuovo, sia per soddisfare la propria sete di conoscenza, sia per verificare quanto di questi nuovi elementi può essere utile adottare come proprio “materiale” e modello di crescita.

A livello psicologico, questa condizione si traduce in una scarsa rispondenza alle categorie dei preconcetti e pregiudizi, e al contrario in una maggior facilità e inclinazione ad aprirsi all’ascolto e alla conoscenza autentica dell’altro, di tutto ciò che è “altro”. Come dire che su uno sfondo vergine – cioè nuovo – come è un foglio bianco, anche il minimo segno spicca, al contrario di un foglio già pieno, su cui il nuovo tende invece a perdersi e a confondersi nel “già scritto”.

Questo processo è inoltre facilitato dal fatto che il giovane, a differenza dell’adulto, oltre a essere incompleto, tende anche a riconoscersi come tale, a riconoscersi cioè in via di trasformazione, in fieri. E nutrendo così inconsciamente questa immagine fluida e plastica di sé, per le leggi della psicodinamica facilita anche a se stesso – e in modo decisivo – l’effettivo processo di crescita e di cambiamento. Si può quindi dire che la trasformazione, questa meta così ambita della psicosintesi, sia enormemente facilitata da una condizione di giovinezza, vuoi anagrafica vuoi psicologica, proprio perché il nuovo chiama il nuovo.

Cambiare, rinnovarsi, trasformarsi e crescere, se sono un’esigenza spontanea della gioventù, possono però essere benissimo anche recuperate nell’età adulta e tradursi così a livello soggettivo in uno “stato dello spirito”, che come tale non ha età. Nell’adulto è chiaro che per arrivare a questo ci sono molti passaggi in più da operare. Bisogna innanzitutto staccarsi dalla propria visione del mondo che si è progressivamente strutturata, e che è tanto più coinvolgente e magnetica quanto più profonda, ampia, bella e convincente essa è diventata; bisogna staccarsi dall’uso privilegiato se non esclusivo di un proprio linguaggio (oltre che concettuale, anche emotivo, immaginativo, sensoriale, ecc.) che è tanto più efficiente e collaudato quanto più sottilmente condizionante; bisogna staccarsi anche dalla tendenza a vedere il nuovo come semplice estrapolazione di linee o direzioni già individuate o ipotizzate, anziché come qualcosa di imprevedibile tout court, e quindi di realmente nuovo; bisogna insomma rinunciare ai paraocchi che l’esperienza della vita inevitabilmente ci “dona” per imparare a riaprirsi a quella condizione di freschezza, di libertà, di slancio e di entusiasmo che è propria della giovinezza, riaccettando in questo il rischio di recuperare anche i paralleli elementi di insicurezza, rischio e vulnerabilità che ad essa si accompagnano.

Così si può realizzare l’indicazione data da Assagioli a proposito della “psicosintesi delle età”, quando suggerisce di sviluppare gli aspetti positivi di ogni età, e di portarseli con sé nelle età successive (potendoli recuperare a piacere). Come d’altronde lui stesso dimostrava di fare già a diciassette anni, quando si proponeva di poter “conservare sempre l’anima fresca e vibrante, l’intelligenza avida e vivace”.

È quasi inutile rilevare quanto un atteggiamento interno di apertura, curiosità, assenza di condizionamenti e preconcetti da parte dell’Io sia utile, anzi indispensabile per realizzare un dialogo interno tra le proprie componenti psichiche. Togliere le etichette, togliere i cartellini con cui negli anni ci siamo abituati a catalogare i nostri atteggiamenti e le nostre parti, giudicandole, è un ottimo preludio a uno svecchiamento o a un rinnovamento della nostra autoimmagine psicologica. Anche nelle personalità più integrate rimangono sempre sacche di culture locali emarginate dalla relazione con la cultura dominante o egemone. Recuperare al dialogo comune queste voci atipiche, straniere a noi stessi, per quanto nostre, significa recuperare una ricchezza inutilizzata dentro di noi, significa arricchire e valorizzare quella pluralità di culture e di specificità all’interno di ogni uomo che lo rendono potente, poliedrico, versatile, creativo e unico nella vita esterna.

Per realizzare questa sorta di UNESCO interiore è necessaria l’umiltà di attenuare le nostre voci già potenti e conosciute per dare spazio e ascolto alle voci marginali, flebili e nuove che andiamo scoprendo. Che spesso sono poi le voci emergenti delle nostre reali potenzialità, sono le voci del nostro futuro che sussurrano dentro di noi.

L’umiltà di tornare giovani, l’umiltà di tornare ad ascoltare, a chiedere, a interrogarsi, l’umiltà di ricominciare di nuovo a curare i nostri germogli quando preferiremmo far capo agli alberi già fatti, è la qualità che ci permette di riaprirci all’energia nascente dentro di noi, e così di mantenere viva quella freschezza, quello slancio, quei sogni e quelle speranze che sono il lievito prezioso di ogni operosa quotidianità.

Vittorio Viglienghi

Biografia
Vittorio Viglienghi si occupa da più di 30 anni a vario titolo di Psicosintesi, e mai in veste professionale, avendone sviluppato una vasta e poliedrica competenza nel settore dell’auto-formazione. In particolare dal 1982 ha collaborato e tuttora collabora in diversi ruoli con l’Istituto di Psicosintesi di Firenze, di cui è formatore, e dal 2002 è docente presso l’Istituto Internazionale di Psicosintesi Educativa di Verona.
Da anni è impegnato in un progetto di implementazione e valorizzazione del ricchissimo patrimonio documentale tuttora inedito lasciato da Roberto Assagioli.

Fonte: http://www.psicoenergetica.it/index.htm

DESIDERATA

Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta,

e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio.

Finché è possibile senza doverti abbassare,

sii in buoni rapporti con tutte le persone.

Dì la verità con calma e chiarezza; e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli

ignoranti, anche loro hanno una storia da raccontare.

Evita le persone volgari e aggressive; esse opprimono lo spirito.

Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine,

perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te.

Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti.

Conserva l’interesse per il tuo lavoro, per quanto umile;

è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo.

Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli.

Ma ciò non acciechi la tua capacità di dinstinguere la virtù;

molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo.

Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti.

Sii te stesso.

Soprattutto non fingere negli affetti, e neppure sii cinico riguardo all’amore;

poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni esso è perenne come l’erba.

Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall’età,

lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza.

Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l’improvvisa sfortuna,

ma non tormentarti con l’immaginazione.

Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.

Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso.

Tu sei un figlio dell’universo, non meno degli alberi e delle stelle;

Tu hai il diritto di essere qui.

E che ti sia chiaro o no,

non vi è dubbio che l’universo ti stia schiudendo come si dovrebbe.

Perciò sii in pace con Dio, comunque tu lo concepisca,

e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni,

conserva la pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita.

Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti,

è ancora un mondo stupendo.

Fai attenzione.

Cerca di essere felice.

Max Ehrmann, poeta di Terre Haute, Indiana, vissuto dal 1872 al 1945 scrisse Desiderata intorno al 1927.
 




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