A VALDENOGHER IN ALPAGO nella provincia di Belluno esiste la Casa dell’Alchimista.
La facciata della dimora filosofale racchiude la più misteriosa delle ricette: il segreto per arrivare alla Pietra Filosofale.
La casa fu fatta costruire da un misterioso personaggio che la tradizione descrive come un nobile condannato a morte ad Alessandria d’Egitto e che aveva trovato rifugio, grazie alla protezione della Repubblica Serenissima, nel territorio dell’Alpago. Il suo nome era Alessandro ed il cognome divenne Lissandri a ricordarne la provenienza (li-Sandri = quelli di Alessandria).
Per poter comprendere l’Alchimia è necessario capire che gli antichi avevano un rapporto con la Natura diverso da quello moderno. La Natura era vissuta con stupore e tremore, come un gran corpo animato e sacro, con un senso di “partecipazione mistica” in cui tutte le parti sono legate alle altre e aperte ad ogni possibilità.
La facciata e i numeri
Osserviamo la facciata di questa misteriosa dimora con occhi di fanciullo e lasciamoci cogliere dalla danza delle coincidenze: al piano terra 3 archi, al primo piano 4 finestre, al secondo 5 finestre; in tutto 12 aperture. Simbolicamente il 12 richiama i 12 mesi dell’anno e ci indica un ciclo completo.
Le tre fasi dell’opera alchemica
Come la casa dell’alchimista è divisa nei tre piani ed appare tripartita sia in senso verticale che orizzontale, così 3 sono le principali fasi dell’Opera Alchemica che gli antichi alchimisti chiamarono Nigredo, Albedo e Rubedo perché sono caratterizzate dall’apparire dei 3 colori: il nero, il bianco ed infine il rosso.
La facciata che ci accoglie al piano terra con l’ombroso portico, ora in parte tamponato, è decorata con sculture in pietra bianca e rossa. Queste sculture sono parole di pietra di un linguaggio primordiale, misterioso e magico che ci apre al Mistero.
Il piano terra della casa-museo è dedicato alla Nigredo o Opera al nero, la prima fase dell’opera alchemica e le stanze sono contrassegnate dal nero corvo.
L’Ouroboros
Entrando nella penombra della prima stanza a sinistra ci accoglie la sapienza degli antichi Filosofi così come è stata trasmessa dall’alchimista egiziana Cleopatra in un testo arrivato a Venezia dall’Egitto e passato per Bisanzio forse in quegli stessi anni in cui il nostro alchimista costruiva la sua dimora. La formula, scritta con inchiostro rosso sulla pergamena, è semplice ma straordinaria e ri-vela l’essenza stessa della via alchemica: il Mistero Magnum. Eccola offerta al curioso visitatore: all’interno di un magico cerchio formato da un serpente che si morde la coda, e che per questo gli antichi chiamavano Ouroboros, in caratteri greci è scritto “en to pan” vale a dire l’UNO IL TUTTO!
Va detto subito che questa formula racchiude l’essenza stessa dell’Alchimia che è:
la comprensione totale e al di là da ogni dubbio dell’Uno il Tutto,
l’immediata apertura alla totalità.
Gli archi del piano terra
Ma procediamo per gradi: ci troviamo a piano terra e possiamo osservare che la facciata è sostenuta da tre grandi archi in pietra bianca. Le chiavi d’arco raffigurano i principi, archè, dell’alchimia. I due archi laterali portano scolpiti, nelle rispettive “chiavi” coppie di serpenti, che incorniciando una foglia, si incrociano sormontandosi simmetricamente. I due serpenti rappresentano le forze opposte e complementari della natura riconciliate grazie al verde asse centrale. Ci indicano, parlando il linguaggio dei poeti, la materia fluida, serpentina e vitale che gli alchimisti nei loro testi chiamano “duplice Mercurio” (i 2 serpenti) o Argento Vivo, gli indiani chiamano Prana, gli egiziani Ka, i Cinesi Chi, i giapponesi Ki…
Il Caduceo
L’alchimista lavora con queste forze segrete della natura che, come serpi, sono misteriose, vitali ed hanno in sé un veleno che l’Artista trasforma in farmaco. Queste coppie di serpenti intrecciati sull’asse verticale ci ricordano il Caduceo di Ermete, il simbolo stesso della divinità alta che, grazie alla magica danza delle coincidenze, ci accompagnano ancora ai nostri giorni mascherati nelle insegne dei farmacisti ed i quella dei medici. I medici hanno un unico serpente per indicare al medico che deve rinunciare al male, al veleno e servirsi solo del farmaco. L’avvinghiarsi a spirale delle serpi evoca il simbolo della vita e l’immagine della doppia spirale del DNA (ancora coincidenze: Mercurio è il dio messaggero ed è il grande guaritore).
La Casa dell’Alchimista introduce alla misteriosa danza della vita dove non c’è separazione tra materia, spirito e natura; al di là dell’antitesi tra materiale e spirituale. Nel linguaggio poetico dell’alchimista Miniera, Materia Prima, Zolfo, Mercurio, Matrice, Sale, Quintessenza, Drago, Fenice, Piombo, Cielo, Terra, Re , Regina, Lupo, ecc… sono simboli dai molteplici significati.
Vediamo un esempio tra gli scritti dei Maestri:
“Voi siete la Miniera, perché essa si trova in voi e, per confessare il vero, siete voi stesso a prenderla e a riceverla. Chi cercherà un’altra pietra nel Magistero, sarà deluso nella sua opera…” queste sono le parole che l’alchimista Morieno disse al Re arabo Calid e che costituiscono il primo testo dell’Alchimia Araba giunto in Occidente. In queste parole è evidente che il significato di Miniera ha un riferimento legato al lato “ interno, umano”; alla corporeità che in qualche modo supporta e contiene la “benedetta materia”.
Nei testi alchemici spesso si passa da espressioni cosmico-naturali a significati interiori umani. Bisogna comprendere questo punto fondamentale.
“Tutto è Uno”, quindi ogni cosa è correlata alle altre parti:
“Ciò che è in basso è come ciò che è in alto
e ciò che è in alto è come ciò che è in basso…
per il miracolo della Cosa Una”
così afferma, come prima cosa,
Ermete Trismegisto il padre degli alchimisti.
L’alchimista prova a comprendere i legami che in qualche modo collegano le singole parti del tutto e osserva che la comprensione del cosmo è possibile grazie all’analogia che diviene la regola principale del pensiero ermetico.
In questo vasto orizzonte acquista importanza la “conoscenza di sè” come conoscenza dell’Uno il Tutto.
“E colui che conobbe sé stesso arrivò al bene perfetto”
Pimandro, cap.I
Basterebbe la comprensione profonda di ciò che questa frase indica per abbandonare il superfluo, e ritrovarsi aperti a ciò che è indicibile, il Grande Mistero. Immerso in questo mondo unico e misterioso il figlio di Ermete è spinto a conoscere le leggi della Natura ed i vincoli segreti ed occulti che legano le varie parti del Tutto. Gli alchimisti, chiamati “Figli di Ermete” , si servono proprio dell’analogia per operare la rigenerazione mediante le forze occulte della Natura, e quest’opera è un atto vero e reale!
I principi
Abbiamo visto che la casa è tripartita e che 3 sono le fasi principali dell’Opus, ma 3 sono anche i principi che gli alchimisti chiamano rispettivamente Corpo, Spirito e Anima o ancora Sale, Mercurio e Zolfo! Il Corpo o il Sale rappresenta, nel linguaggio dei Figli di Ermete, la parte più spessa, pesante e corporea (è il Tempio dell’alchimista). Lo Spirito o Mercurio indica quello spirito vitale che abbiamo visto prima, indicato dai serpenti che si intrecciano e dal vegetale, perché questo spirito vitale che gli indiani chiamano prana è sempre polarizzato avvolge ogni cosa e porta la vita (la foglia verde al centro). Questi serpenti intrecciati sono il simbolo stesso di Mercurio ed in India del Dio Shiva il supremo medico, l’alchimista per eccellenza, le cui straordinarie corrispondenze con Ermete incantano il pensiero, ricordando all’anima che più un simbolo è concreto e più è universale.
Il Mercurio doppio e le chiavi d’arco (Corrispondenza simbolica tra il Mercurio doppio e le chiavi d’arco)
L’Anima o Zolfo costituisce l’aspetto “spirituale” così già nell’alchimia greca lo Zolfo era detto “Theion” che significa sia Divino che lo Zolfo o il “Rosso”.
Nell’arcone centrale la “chiave d’arco” ha una figura più complessa, va studiata attentamente, ma se vogliamo riassumere in poche parole l’essenza stessa della Via alchemica possiamo citare la formula trasmessa da un grande “Figlio dell’Arte” :
“lo Zolfo (leggi il Divino) è prigioniero in un carcere tenebroso (il Corpo) di cui Mercurio detiene le chiavi “(l’energia vitale identificata in un corpo particolare si è come cristallizzata e ha così perso il contatto con l’energia libera dell’Universo). Ecco che la prima operazione consiste proprio nello sciogliere le cristallizzazioni, le identificazioni, eliminare la “ganga” e nudi immergersi nella Fons Vitae (fontana di vita, fontana della giovinezza, “acqua vitae”), nel Mare Nostrum, nell’energia dell’universo, solo allora saremo aperti ad ogni possibilità colmi di un energia sempre fresca e mai localizzata.. oltre lo Spazio ed il Tempo
Lo Specchio
Così il nostro alchimista conclude dicendo che il dono che lo Zolfo farà a chi saprà liberarlo è uno specchio dove si vede Tutto. Questo specchio è la nostra vera natura che non ha colori né forma ma è libera e riflette tutto…
Può esser d’aiuto contemplare l’ultima tavola del Mutus Liber esposta nella casa-museo. Questa tavola raffigura l’Adepto ossia colui che ha realizzato l’Opus e ha abbandonato il corpo con le sue vesti (passioni, identificazioni, cristallizzazioni mentali..) ha completato la quadratura del cerchio e se ne va chiaroveggente, o come è scritto in caratteri latini “OCULATIS ABIS”.
Testimonianze contemporanee
A questo punto è bene richiamare l’attenzione sul fatto che nel museo possiamo trovare testimonianze contemporanee del medesimo processo provenienti da paesi lontani e da tradizioni diverse: Cinesi, Indiane e Tibetane. Il professor Li Xiao Ming, medico Cinese e Maestro di Chi Qong racconta che pochi anni fa in Cina una semplice contadina che praticava da sola su una famosa montagna, piano piano ha trasmutato il suo corpo, si è aperta alla chiaroveggenza e si è trasformata… in LUCE, svanendo letteralmente. Testimonianze contemporanee di simili fenomeni sono avvenute nella nostra epoca anche in Tibet ed alcune sono riportate fedelmente nella casa-museo, tra queste possiamo leggere quanto riportato dal prof. Namkai Norbu.
Queste testimonianze sono importanti perché anche se sembrano testimoniare fatti impossibili creano un dubbio e possono aprire una breccia sulla mentalità moderna ormai cristallizzata e non aperta ad eventi e possibilità che sembrano sfidare il “buon senso” e le capacità umane.
Continua sulla fonte: http://veneziamagica.it/dimore-filosofali/