Natale è alle porte, e con lui si avvicinano la fine dell’Autunno e l’inizio dell’Inverno: quest’ultimo a livello astronomico è fissato tra il 21 e 22 di Dicembre.
Nelle tradizioni spirituali legate alla Natura questa coppia di stagioni rappresenta due fasi consecutive del medesimo processo energetico: la prima ci parla di declino e cessione della forza vitale a seguito del picco raggiunto in Estate; la seconda, invece, costituisce un’inversione di tendenza. In Autunno infatti vediamo le foglie ingiallirsi e restituire la propria vita all’albero che glie l’ha donata: cadono al suolo, marciscono, e il loro corpo si scompone nei nutrimenti utili alla pianta per affrontare il gelo.
L’Inverno al contrario è il nuovo inizio di un accumulo lento e costante di vita, che vedrà la luce con lo sboccio Primaverile. I semi piantati giacciono “nascosti” sotto terra in attesa di germogliare; molti animali sono già migrati verso luoghi caldi, mentre altri si chiudono in letargo aspettando che il Sole torni a splendere.
A livello allegorico la Natura stessa ci comunica che è ora di “rientrare nella terra/grotta”, ossia nel profondo di noi stessi: da qui possiamo recuperare le forze, attuare un inventario definitivo dei risultati ottenuti durante l’anno, e mettere ordine dentro di noi senza intromissioni esterne.
Il giorno del Solstizio d’Inverno il Sole raggiunge il punto più basso della sua eclittica, cioè la traiettoria apparente che compie attorno alla Terra: si “ferma” (Sol-stat) per circa 3 giorni, durante i quali sorge sempre allo stesso grado dell’orizzonte, generando le notti più lunghe dell’anno. Dal 25 Dicembre, però, egli riprende il suo cammino, recuperando gradualmente anche forza e vigore.
Da un punto di vista individuale, il Solstizio d’Inverno è l’inizio di una silenziosa metamorfosi della propria consapevolezza. In questo breve periodo il tempo cronologico e quello interiore appaiono sospesi, dilatati, quasi immobili. La coscienza attiva di cui il Sole è simbolo si riduce al minimo, e perde quasi del tutto la sua estroversione; crescono al contrario gli impulsi alla riflessione e all’introspezione, legati invece alla Luna e al pianeta Saturno.
Il Macrocosmo (sole-luna-saturno) del Solstizio d’Inverno si riflette nel Microcosmo (uomo) producendo il processo nel linguaggio ermetico è detto “morte e rinascita del Sé”. E’ chiaro ovviamente che non si parla di una dipartita fisica, ma piuttosto di un periodo di profonda trasformazione della coscienza che prevede l’abbandono di vecchie convinzioni per costruire nuovi paradigmi con cui affrontare la vita. Capita all’improvviso di rendersi conto che qualcosa in noi “non funziona più”: le azioni e i pensieri di sempre non bastano più, e le risposte che portano non ci rendono appagati. Sembrano addirittura una lente che distorce la realtà, anziché aiutarci a interpretarla.
Quando ciò accade, è probabile che siamo nel punto di transizione fra la fine di un ciclo evolutivo e il successivo: tale passaggio non è istantaneo, ma ha al contrario bisogno di tempo e pazienza per maturare, e noi insieme a lui. Dobbiamo fare i conti con noi stessi e lasciarci alle spalle le vecchie personalità e visioni del mondo, diventate ormai obsolete e un ostacolo alla nostra crescita. La difficoltà sta nell’abbandonare ciò a cui siamo affezionati e compiere un piccolo “salto nel vuoto”, con tutti i timori e le incertezze che ne derivano. In nostro aiuto arrivano però i due segni zodiacali centrali dell’Inverno: Capricorno e Acquario. Entrambi governati da Saturno, pianeta dei cambiamenti lenti, radicali ma necessari, della “morte” e dell’iniziazione ai misteri della coscienza, inflessibile riduttore di tutto ciò che è superfluo.
Il Capricorno (22 Dicembre – 20 Gennaio), riunisce in sé la secchezza dell’elemento Terra, il freddo rigido della stagione invernale e l’austerità del suo pianeta di reggenza. Prende il nome da un animale mitologico dal busto di capra e coda di pesce, con quest’ultima attorcigliata su se stessa. Ciò a simboleggiare che in questo periodo l’introspezione (coda ripiegata), l’analisi pragmatica e imparziale di noi stessi (terra-capra) devono predominare sulla natura emozionale (acqua-pesce) che troppo spesso ci porta a perdonare i nostri difetti con eccessiva indulgenza: non a caso il Capricorno è opposto al materno e accogliente segno del Cancro. E’ il momento di ritirarci in solitudine, accettare la piena responsabilità sulla nostra vita e realizzare che noi e soltanto noi possiamo dare il via alla nostra vera trasformazione, con lentezza, pazienza e costanza.
Il glifo del Capricorno è l’unione di una testa caprina stilizzata e della coda di pesce ripiegata, sebbene in una sua versione ricordi anche la sagoma di un alambicco con serpentina, cioè gli strumenti necessari alla distillazione. Simbolicamente suggerisce che la nostra evoluzione richiede almeno due cambiamenti di stato: il primo (da liquido a gas) per elevarci e abbandonare sul fondo dell’ampolla i residui pesanti; il secondo (da gas a liquido) per tornare alla nostra forma originaria, ma con una natura profondamente diversa: priva, cioè, di buona parte delle impurità interiori. L’unico ostacolo da cui dobbiamo guardarci sono i tipici difetti del segno, cioè rigidità o durezza eccessive, anaffettività e mancanza di empatia: esse ci rendono inamovibili, ermeticamente chiusi agli aiuti e impulsi esterni.
Il segno dell’Acquario (21 Gennaio – 19 Febbraio) ci aiuta a compensare questa tendenza. Egli è retto da Saturno ma legato all’elemento è l’Aria[4], che lo rende assai più incline alla condivisione e al cambiamento. Il glifo è composto da una coppia di onde, simbolo tanto di dualità, quanto della natura intrinsecamente vibratoria della realtà. Rappresenta quindi la tendenza acquariana a ragionare su livelli astratti, concettuali, quali il significato spirituale della vita, i valori nobili e universali, i principi di uglianzanza, equanimità e cooperazione. L’influenza del segno/periodo suggerisce che dopo l’ introspezione arriva il momento di aprirci al confronto con gli altri, allo scambio di opinioni e all’integrazione di visioni del mondo differenti dalla propria. In questo modo possiamo verificare se i risultati prodotti sotto l’archetipo del Capricorno“funzionano davvero”, o in caso contrario rivederli e correggerli.
Un tratto importante dell’Acquario è la sua insofferenza verso le regole, i ruoli gerarchici e le strutture rigide: abbracciare questa visione significa introdurre nel lavoro interiore quel pizzico di “sovversività” necessaria a mettere in dubbio le nostre stesse idee cristallizzate, per scardinarle, tagliare i ponti col passato e progredire verso mete nuove. Il rischio da evitare legato al segno, però, è di non aborrire per partito preso qualunque forma di stabilità o criticare a priori qualunque soluzione definitiva, seppur momentanea. Essere flessibili è necessario, ma servono anche periodi di assestamento fra una “versione” di sé e quella successiva, in modo da concretizzarla.
Per allinearci al periodo ho pensato quindi di proporre una miscela d’incenso e un breve esercizio di meditazione. La scelta parte dal presupposto che la realtà circostante è una proiezione dei nostri pensieri, atteggiamenti e attitudini. Per cambiarla, è necessario lavorare sul nostro approccio alla Vita prima ancora che sulle situazioni stesse. Modificando il nostro modo di porci vedremo come gli eventi inizieranno ad adeguarsi di conseguenza, con meno sforzi e molta più naturalezza.
L’incenso si compone di:
- 1 parte di Storace
- ½ parte di Sandalo Bianco
- ½ parte di Olibano
- ¼ parte di Anice Stellato
- ¼ parte di Canfora
- 1/10 parte di Patchouli
Pestare tutti gli ingredienti in un mortaio e poi bruciare a pizzichi sul carboncino prima dell’esercizio, se si gradisce anche durante. Le dosi naturalmente si possono modificate a piacimento, e gli ingredienti mancanti possono essere sostituiti.
I Due Specchi – Morte e Rinascita di Sé:
Scegliamo un luogo tranquillo in cui ci sentiamo a nostro agio, e nel quale poter rimanere indisturbati per almeno 15-20 minuti. Se ci fa piacere, abbassiamo le luci e accendiamo una candela come simbolo della luce interiore e purificazione da raggiungere tramite il lavoro interiore. Da essa accendiamo il carboncino e posizioniamolo nel brucia incenso: se non abbiamo la candela possiamo utilizzare un fiammifero, un accendino e così via.
Bruciamo un pizzico o due dell’incenso preparato, così che il suo fumo aromatico si diffonda nell’ambiente. Lasciamo che ci calmi e favorisca l’introspezione, preparandoci alla discesa in noi stessi.
Assumiamo una posizione comoda e cerchiamo di rilassarci, rendendo regolare il respiro; quando ci sentiamo pronti, visualizziamoci in piedi all’ingresso di una caverna: siamo in leggera penombra, i dettagli esterni sono pochi e scarni.
Davanti a noi, nella grotta, una scala dritta conduce verso il basso, con un numero indefinito di gradini: facciamo un passo avanti e cominciamo a percorrerli lentamente, uno dopo l’altro. Mentre scendiamo, ad ogni scalino percepiamo come la realtà esterna diventi sempre più distante e ovattata, mentre l’attenzione e le percezioni interiori diventano più vivide e intense.
Percorriamo la scala per tutto il tempo di cui abbiamo bisogno, finché sentiamo di essere entrati completamente in noi stessi, in profondità. Visualizziamoci ora giunti in un piccolo spiazzo, cioè l’interno della caverna: davanti a noi si staglia un grande specchio con una spessa cornice nera; prendiamoci tutto il tempo che ci serve per “costruirlo” mentalmente. Questo sarà il contenitore che accoglierà tutto quanto desideriamo abbandonare della nostra vecchia personalità.
Scegliamo ora un aspetto di noi del quale vogliamo liberarci, e proiettiamo all’interno dello specchio tutte le sfaccettature che quella situazione evoca: potrebbero essere atteggiamenti che assumiamo, reazioni automatiche che non desideriamo più avere, comportamenti altrui che non vogliamo più ricevere, sentimenti disarmonici legati ai risultati di quelle azioni (sofferenza, frustrazione, solitudine,…) e via dicendo. Proseguiamo in questo modo fino a saturarlo completamente.
In questa fase è importante rievocare pienamente a livello interiore ciò che suscita in noi ciò che stiamo proiettando; al tempo stesso dobbiamo visualizzarlo e visualizzarci sulla superficie dello specchio quanto più chiaramente riusciamo.
E’ molto meglio concentrarsi su un singolo aspetto per volta, arricchendo e completando la “visione” con più dettagli possibili ad esso relativi, anziché disperdere le nostre energie su troppi concetti approssimativi. Sarà comunque possibile ripetere la meditazione in futuro quando ne sentiremo la necessità.
Quando la superficie dello “specchio nero” avrà accolto tutti gli aspetti del nostro vecchio sé, visualizziamo di prendere in mano un grande e pesante martello: con esso, vibriamo dei colpi decisi allo specchio così da ridurlo in frantumi, rompendolo completamente senza che ne rimanga alcuna traccia, cornice compresa. D’ora in poi non visualizzeremo né richiameremo più alla mente le scene che conteneva.
Al suo posto facciamo ora comparire un altro specchio, altrettanto grande, ma dalla cornice bianca. Quando sarà ben fisso nel nostro “occhio interiore”, proiettiamo al suo interno le nuove versioni che vorremmo dei nostri comportamenti, atteggiamenti, situazioni ed emozioni precedenti, visualizzandoli già realizzati nel presente.
Prendiamoci tutto il tempo che occorre: viviamo pienamente le sensazioni armoniche che emanano da ogni aspetto della nostra nuova realtà, ancor più allineata all’espressione della nostra vera natura. Anche in questo caso è importante percepire e proiettare quanto più chiaramente possibile la visione all’interno dello “specchio bianco”. Proseguiamo finché anche quest’ultimo sia saturo.
A questo punto focalizziamo e manteniamo ben stabile in noi e nella “seconda vista” l’insieme di quanto appena creato, per un lasso di tempo di almeno 5-10 secondi (o maggiore, se ne siamo capaci): dobbiamo in un certo senso assorbirlo in noi stessi. Trascorso questo tempo, voltiamoci verso la scala da cui siamo scesi e cominciamo a ripercorrerla al contrario, senza fretta, fino a tornare all’ingresso della caverna: gradino dopo gradino la nostra attenzione interna si affievolisce e aumenta il ritorno alla coscienza ordinaria. Prendiamoci dunque alcuni istanti per abituarci alla fine del “viaggio” e riprendere il senso del qui ed ora.
Se il carboncino è ancora attivo possiamo bruciare un pizzico di incenso come conclusione alla meditazione. Spegniamo quindi la candela, consapevoli che la luce e la purifica di cui è simbolo sono sempre a nostra disposizione: è sufficiente sapersi ascoltare e correggere la rotta quando è necessario. Se ci è possibile, concediamoci una bella doccia o un bagno caldo in modo da “dimenticare” quanto abbiamo appena vissuto, lasciandolo che si sedimenti: così facendo, il lavoro compiuto passerà infatti con gradualità dalla mente conscia a quella inconscia, iniziando la reale trasformazione che ci siamo prefissati.
E’ possibile che a seguito di questa meditazione l’elaborazione di quanto toccato lasci emergere in noi altre tematiche correlate, secondo tempi diversi per ciascuno: prestiamo quindi attenzione alle intuizioni e ai sogni che avremo nei giorni e nelle notti successive alla meditazione stessa, magari prendendone nota. Se avvertiamo invece l’impulso lavorare ulteriormente su un medesimo aspetto possiamo ripetere la meditazione (senza esagerare) fino a quando sentiamo di essere totalmente in pace con la parte di noi che abbiamo “trasmutato”. Ricordiamoci che per cambiare davvero occorrono tempo e pazienza.
Il glifo di Saturno in una delle sue versioni è raffigurato come una Croce che sovrasta una falce crescente di Luna: ciò ad indicare che lo sviluppo della Natura e la nostra parte animico-emozionale (Luna) sono sottoposte a una severa disciplina, regole ferree e una lucida razionalità che va dritta al punto senza perdersi in fronzoli. Una seconda interpretazione del Capricorno è la co-esistenza al suo interno di una parte pragmatica (capra-terra), di una forte tendenza all’introspezione (coda attorcigliata) e alla vita spirituale (pesce-acqua).
Secondo altre visioni il glifo del Capricorno rappresenta la fermentazione, cioè quel processo cioè in cui avviene la “morte” di una sostanza che viene nuovamente vivificata tramite la metabolizzazione (scomposizione-ricomposizione) ad opera dei batteri. Il risultato finale è una materia che compartecipa della natura di entrambi gli estremi: l’esempio più classico in proposito è il vino, nel quale gli zuccheri del succo d’uva si trasformano in alcool. Entrambe le simbologie riassumono perfettamente il significato del segno e del periodo in questione. Questa è la visione dell’astrologia “classica”; secondo quella più moderna, l’Acquario è retto da Saturno e da Urano, pianeta del progresso, della ribellione, della liberazione dell’io e separazione dai i vecchi schemi: il tutto avviene talvolta anche in modo brusco o repentino. Da esso il segno acquisirebbe i suoi tratti fondamentali, rafforzati dall’elemento Aria.
Ringraziamo l’amico Eraldo Olivieri per averci concesso la pubblicazione di questo articolo, Eraldo è stato ospite su WebRadio Visione Alchemica a parlarci dei suoi Incensi e di Spirito e Profumi
Fonte: https://spiritoeprofumi.wordpress.com/2015/12/15/incenso-e-solstizio-dinverno/#_ftnref2
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