Molto spesso capita di incontrare persone che mi chiedono di cosa mi occupi io nella vita.
Alla risposta “Sono un incensiere!” seguono spesso un sopracciglio alzato e uno sguardo misto fra curiosità e incredulità. Dopo frasi di rito, come “Dai, che cosa particolare! Non l’avevo mai sentita!” la domanda successiva in genere è “Come mai fai questo?”.
E qui, la risposta, è tutt’altro che immediata.
Un contro-mito da sfatare:
Nella mentalità comune, la parola incenso richiama alla mente cerimonie religiose, chiese semi-buie, omelie interminabili e pronunciate per la maggior parte in occasioni non esattamente felici.
Fino a pochi decenni fa, infatti, le fumigazioni accompagnavano gran parte della liturgia sacra cristiana, mentre oggi sono state relegate per lo più a eventi sporadici e solitamente tristi, come i funerali.
Per capire cosa mi ha spinto a studiare gli incensi, bisogna quindi compiere alcuni passi fuori dalla nostra cultura dominante, e anche indietro nel tempo. Di qualche millennio, aggiungerei.
Incensi – le “divinità” in Terra:
Ogni cultura ha impiegato gli incensi (o li impiega tutt’oggi) per gli scopi più disparati. Secondo i nostri avi, inoltre, le piante aromatiche indicavano addirittura la presenza delle divinità in Terra.
Greci e Romani consideravano i boschetti di salvia, timo o rosmarino come la “casa” di Apollo, Marte o Giove. Le pinete erano il “regno” di Saturno, mentre il mirto e le rose incarnavano la dolcezza di Venere.
Per gli Egizi, maestri nell’arte degli incensi, gli aromi erano simbolo di vita e l’assenza di odori richiamava al contrario la morte. Per questo durante l’imbalsamazione venivano usate grandi quantità di oli e sostanze odorose, sia come agenti conservanti per il corpo, sia come simbolo di vita eterna dell’anima nell’al di là.
In particolare amavano Olibano, Mirra, Benzoino, Canfora, eccetera.
Presso gli Ebrei, addirittura, l’Incenso Santo del Tempio costituiva un percorso di elevazione interiore verso l’Assoluto, e poteva essere composto unicamente per lodare Dio.
Crearlo da profani, al solo scopo di odorarne la fragranza, era considerato un enorme sacrilegio, punito con la pena più severa: karet, la cesura spirituale dalla comunità di Israele.
Anche loro fra gli altri aromi amavano Olibano, Mirra, Cassia e secondo alcuni lo Storace.
Solo un’antica superstizione?
A noi persone “moderne” e “scientifiche” quanto detto può sembrare superstizioso o addirittura strapparci un sorriso. Per coglierne le ragioni profonde occorre dunque indagare i significati simbolici di tali credenze.
Il collegamento fra profumi e divinità è presto detto: gli aromi, come le dimensioni spirituali, manifestano la loro presenza senza essere però visibili o “afferrabili”. Rimandano cioè a mondi sottili e compresenti, “sovrapposti” al nostro: non percepibili dai sensi comuni ma solo attraverso l’intuizione e il sentire interiore.
Gli antichi iniziati, dunque, definivano col termine “Dèi” soprattutto molte delle forze che regolano l’universo e tutte le sue espressioni, tanto in grande quanto in piccolo.
Esse sono al contempo sia concrete che astratte. Pensiamo ad esempio alla gravità (in parte con caratteristiche di Venere, in parte di Saturno): ne possiamo osservare gli effetti, misurarla, ma non saremo mai in grado di “toccarla” o di riporla in un cassetto. Né tantomeno di conservarla; eppure governa pianeti, sistemi solari e galassie, e più in piccolo tiene i nostri piedi e i nostri corpi ancorati al suolo.
Parlare con gli Dèi:
Nelle filosofie antiche l’uomo era descritto come una parte dell’unità cosmica, e al contempo un piccolo universo in scala ridotta.
Anche in lui, quindi, si esprimerebbero gli “Dèi”, sottoforma di aspetti fisici, mentali, del carattere e non solo: i cosiddetti archetipi. Va detto che la definizione originaria del termine travalica di gran lunga l’accezione psicologica odierna, assumendo connotati che oggi chiameremmo olistici.
In altre parole, secondo gli antichi vi era una linea diretta che collegava ad esempio l’astro del Sole, con le funzioni del cuore (sangue/vita), della coscienza da svegli (giorno), un carattere allegro e generoso (solare), nonché la tendenza all’elevazione spirituale (luce/fuoco).
Stay (modern meaning) incensed!
Eraldo Olivieri
Fonte: http://www.spiritoeprofumi.com/incensi-cosa-significano-oggi-1/
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