Cos’è un risveglio psicologico
Possiamo definire il risveglio psicologico, accompagnato o meno da una crisi, come un
momento nella vita di una persona, da questa chiaramente avvertito, in cui viene percepita la necessità e l’urgenza di operare un cambiamento dentro di sé. Gli schemi che fino ad allora si erano utilizzati e che funzionavano ora non vanno più bene, sono diventati obsoleti, e devono essere cambiati. L’adolescenza è una tipica crisi di risveglio psicologico; è caratteristica della specie umana e viene più o meno ovunque
accompagnata da rituali di iniziazione, più o meno formalizzati.
Quindi, si tratta di un risveglio psicologico “fisiologico”, insito nella normale sequenza dello sviluppo.
Un risveglio psicologico segna l’inizio di una nuova fase di vita, è un cambio di
paradigma, che consente al contempo di osservare la precedente vita psicologica in un
modo oggettivo, cioè come un oggetto osservabile e giudicabile.
In condizioni normali, la persona percorre la sua vita attraversando diverse fasi di
risveglio psicologico, non è necessario che il risveglio sia traumatico o repentino; a volte lo è quando la persona ha molti conflitti interiori non ben metabolizzati, derivati dall’infanzia; in tal caso, il risveglio è accompagnato dal bisogno di rielaborare e metabolizzare tali conflitti. È questo il motivo più frequente che porta le persone a rivolgersi allo psicoterapeuta per un aiuto. Jung ha parlato della crisi di mezza età come di quella crisi di risveglio psicologico che avviene solitamente tra i 32 e i 40 anni quando, nel pieno dell’esperienza espansiva della vita (sviluppo dei ruoli, generatività), ci si accorge che manca qualcosa, e si avverte il bisogno di riconsiderare le proprie credenze, la propria struttura già consolidata, per ridarle un senso, che includa possibilmente delle risposte al significato stesso della vita.
Cos’è un risveglio spirituale
Il risveglio psicologico non va confuso con il risveglio spirituale. Quest’ultimo è un
complesso di richieste, percepite talvolta anche sui piani corporeo e mentale, che l’anima fa per evolversi. Diversamente dal risveglio psicologico, esso non chiama in causa direttamente la personalità. Tuttavia, spesso il risveglio spirituale attiva anche un risveglio psicologico e, viceversa, spesso un risveglio psicologico costituisce un preludio a un successivo risveglio spirituale, dipendendo sempre dal singolo individuo la scelta, consapevole o meno, di tenere separati o uniti questi due ambiti dell’esperienza umana.
In modo più specifico di Jung e più in linea con le istanze attuali, sia Assagioli che Grof hanno parlato delle crisi di risveglio spirituale (Grof in particolare le chiama “crisi di emergenza spirituale”) come delle crisi di vera e propria emergenza di contenuti apparentemente estranei alla psiche, provenienti da un dominio più alto dell’individualità umana.
Solitamente, sia le crisi di risveglio psicologico che quelle di risveglio spirituale si
manifestano in modo non eclatante e, se correttamente assecondate, vengono avvertite come una necessità di cambiamento e di evoluzione, intesa come ricerca di senso nella propria vita e come attuazione di uno stile di vita consapevole e in accordo a tale nuovo senso.
Lo stadio del Centauro
L’interesse della psicologia transpersonale, e in particolar modo dell’approccio integrale, per il tema delle crisi di risveglio è notevole, in quanto essa è interessata ad una salute bio-psico-spirituale integrale, che non trascuri nessuna delle componenti dell’individualità umana.
Il modello della psicologia integrale, teorizzato da Wilber e applicato in Italia da
Laura Boggio Gilot, si interessa in modo particolare allo studio degli stadi di sviluppo e all’armonizzazione della salute psichica nel passare attraverso questi stadi.
Nel suo ultimo libro, Il cammino dello sviluppo integrale (Satya, Roma 2005), afferma: “nel modello integrale di Ken Wilber la crescita umana è vista come un continuum di stati di coscienza e identità contraddistinti ognuno da specifiche qualità e talenti. In questo contesto, la salute mentale non è intesa semplicemente come assenza di sintomi clinici, ma come espressione di valori e talenti personali che determinano una relazione armonica con le dimensioni infrapersonali, interpersonali e transpersonali dell’individualità” (pag.70) e “l’integrale benessere […] è tale se si accorda con un armonioso essere nel mondo attraverso attitudini di compassione e servizio. Il modello di maturità che emerge dall’approccio integrale getta un ponte verso le concezioni sapienziali e meditative della maturità e salute mentale, che affermano il dovere individuale di sviluppare comportamenti in armonia con la vita e con leggi universali che operano in funzione della sintesi e dell’unità” (pag. 74).
Vediamo subito che questo modello è di ampio respiro; esso pone al centro
dell’attenzione l’uomo integrale con tutte le sue componenti (fisiche, mentali e spirituali) anziché focalizzarsi sul sintomo, superando così un modello di salute di tipo bio-medicomeccanicistico; interpreta la salute come espressione dei propri talenti anziché come assenza di patologie clinicamente osservabili, e la avvicina a un modello evolutivo che tende a un concetto di salute perfetta intesa come stato di unione e di accordo con il divino. La salute è anche vista in relazione alla creatività, intesa non solo in senso convenzionale, cioè come produzione di opere dell’arte e dell’ingegno.
Inoltre, “esiste un rapporto tra sviluppo della personalità e stato della coscienza, a indicare che la misurazione dello sviluppo coincide con l’allargamento della consapevolezza di sé stesso, associato all’armonizzazione delle diverse componenti che sono parti dell’interezza inconscia corporea, emotiva, mentale e spirituale” (pag. 81).
Il modello integrale fa suoi i portati della psicoanalisi, secondo la quale il più alto
raggiungimento è rappresentato dall’io adattato alla società, del successivo sviluppo nella teoria delle relazioni oggettuali e della psicologia umanistico-esistenziale, la quale pone le basi per una fase più matura. Maslow, esponente di quest’ultima corrente e tra i fondatori della corrente transpersonale, afferma: “la vita umana non sarà mai capita se non si terrà conto delle sue aspirazioni più alte: lo sviluppo integrale, l’autorealizzazione, lo sforzo di raggiungere la sanità, la ricerca dell’identità e dell’autonomia devono essere ammesse senza discussione come tendenze umane assai diffuse, e forse universali”.
Wilber definisce questa fase più matura, nella quale vengono integrati mente e corpo, come la fase del Centauro (essere mitico metà uomo e metà animale), che unisce la capacità razionale e la piena conoscenza del proprio corpo con le sue pulsioni. In questa fase vengono recuperate (de-rimosse) le pulsioni rimosse dall’io adattato. Il materiale rimosso viene così trasformato al servizio di un io autonomo e autorealizzante, che si sperimenta finalmente libero e cosciente: “è questa una regressione al servizio dell’io che permette di riorganizzare il materiale rimosso attraverso la sua trasformazione per scopi di autorealizzazione. L’io centauro sviluppa il coraggio di esistere indipendentemente dal consenso degli altri: l’autonomia dal conformismo è la rinuncia all’accettazione in nome dell’autorealizzazione” (pag. 83). Inoltre, “l’io autonomo non è più diviso tra il mondo della morale, del desiderio e della ragione in base a giudizi precostituiti, e non ha più bisogno di dipendere dall’approvazione degli altri; perciò non deve rifiutare e rimuovere ciò che gli altri non accettano, ma solo inibire coscientemente ciò che egli stesso non considera buono per sé e trasformare la natura senza bisogno di richiedere approvazione e
apprezzamento” (pag. 146).
Il cammino verso il Centauro: caratteristiche, ostacoli, esiti
Abbiamo parlato del Centauro come di uno stadio dello sviluppo, corrispondente a un
determinato livello di coscienza. L’io Centauro costituisce una tappa ulteriore rispetto all’io adattato; pertanto, per raggiungere tale stadio bisogna percorrere un lungo e faticoso cammino di trasformazione, che non è fisiologico o determinato dalla cultura
convenzionale, a differenza ad esempio dei precedenti stadi di sviluppo (infanzia,
adolescenza), che sono convenzionali e culturalmente approvati.
Possiamo definirlo il cammino dell’autonomia, quest’ultima intesa come superamento
delle convenzioni sociali, ma anche e soprattutto delle convenzioni interiorizzate,
strutturatesi nella personalità nel corso dell’evoluzione sotto forma di moralismo, divieti superegoici e difese. Significa, concretamente, non essere più “governati da”, bensì “in grado di governare”. Occorre dire che l’individuo non inizia questo percorso né ne avverte la necessità e il significato, a meno che non abbia avuto un risveglio, psicologico e/o spirituale.
Da quel momento in poi, può iniziare il cammino verso il Centauro, nel quale la persona inizia a sperimentare chiaramente un senso di libertà mai provato prima così intensamente. Nel cammino verso il Centauro, la persona diventa più efficiente e selettiva riguardo alle compagnie e alle attività cui dedicarsi, poiché sperimenta che non ha tempo da perdere in occupazioni e relazioni non finalizzate. È capace di stabilire una scala di priorità cui assegnare il proprio tempo e la propria energia; spesso approfitta anche del sonno per lavorare sui suoi progetti personali. Inoltre, avverte la necessità di abbandonare schemi, amicizie e interessi convenzionali, in quanto spesso li avverte superflui o addirittura dannosi per il proprio cammino; nello stesso tempo, sperimenta il bisogno di rivolgersi verso un contesto ambientale e relazionale più ampio, in cui ciò che conta, per quanto riguarda le relazioni, è lo scambio di qualità sottili, meno legate alla dipendenza e al bisogno dell’altro in quanto fornitore di supporto emotivo e nutrimento; sperimenta il bisogno di lavorare per il puro piacere di farlo e come veicolo di trasmissione della propria creatività.
Caratteristica di questo stadio evolutivo è altresì la capacità e la necessità di vivere gli oggetti e la materia grossolana come mezzi, piuttosto che come attaccamenti. L’attaccamento si sposta da un piano materiale a uno più sottile, che possiamo definire piacere intellettuale (non inteso solo nel senso dello studio), che andrà superato in un successivo stadio evolutivo.
Una delle cose difficili da accettare in questo cammino è l’esistenza di gradi differenziati dello sviluppo. Si tende a intravedere una mèta, anche se solo con il pensiero, che è quella dell’Autorealizzazione, e non si riesce a capire che per arrivarvi vi è tutto un cammino, lunghissimo, con delle tappe, e conseguentemente con dei gradi progressivi di avvicinamento e raggiungimento. È bene perciò preoccuparsi del cammino più che della mèta; in tal modo, si riescono ad apprezzare di più i propri raggiungimenti e si contrasta l’azione incessante dell’ego onnipotente, il quale, svalutando il percorso e ipervalutando la mèta, tende a indurre l’idea che si è molto più avanti di quanto in realtà si è, o a volte che si è già raggiunta la mèta, che si è felici così come si è e che non vi è necessità di continuare a evolversi; in breve, l’arresto dello sviluppo per ipertrofia dell’io, che serve all’io per autoalimentarsi.
La saggezza di tutti i tempi insiste molto sul valore dell’umiltà; ne parla in modo molto chiaro Santa Teresa d’Avila, quando la pone come prerequisito per poter accedere alle prime stanze del proprio “castello interiore”.
Il maggiore ostacolo nel cammino verso il Centauro è costituito comunque dal conflitto tra i bisogni di sicurezza e quelli di autorealizzazione. I primi porterebbero a fermarsi nello stadio dell’adattamento, quindi all’accettazione delle convenzioni e dei propri modi di vita usuali, ultrasperimentati e pertanto funzionanti. I secondi, invece, porterebbero ad assumersi dei rischi in nome dell’evoluzione, sacrificando però parte della propria sicurezza.
L’entità e la forza di questo conflitto è notevole e solo vivendo tale conflitto può essere compreso quanto si sia radicati nelle proprie sicurezze, materiali e affettive.
Alla sola idea di abbandonarle per qualcosa di incerto si scatena tutta una serie di difese e di emozioni, tra le quali assume un ruolo primario la paura, che affonda le sue potenti radici nell’infanzia.
Pertanto, per percorrere questo cammino bisogna rivedere le proprie strutture psichiche sotto una luce nuova, un nuovo paradigma, oggettivandole e disidentificandocisi, come afferma Laura Boggio Gilot: “per sviluppare la fase evolutiva del centauro, che è quella dell’autonomia dal condizionamento onde riuscire a esprimere le proprie autentiche potenzialità intellettuali e creative, quando la fase dell’adattamento e i ruoli sociali di base sono portati a compimento, occorre procedere alla disidentificazione dalle strutture che fissano il livello dell’ego adattato, e identificarsi con un livello più alto di strutture e potenzialità” (pag. 144).
Se il cammino dell’adattamento, culminante nell’esito della fase adolescenziale, può
essere assimilato a un percorso in salita, il cammino verso il Centauro somiglia di più a un percorso a zig-zag, che si alterna tra i poli della sicurezza e dell’autorealizzazione, tra il basso e l’alto, con molti slanci di fiducia e molti ripensamenti e delusioni. Pertanto, non è un cammino che è consigliabile percorrere da soli, ci vuole una guida che indichi e impersonifichi l’autonomia, in modo da facilitare l’abbandono alla fiducia e alla crescita, necessario per rendere la propria coscienza stabilizzata e allineata alla mèta: lo stadio del Centauro.
Laura Boggio Gilot
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