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Il Vestito del Poeta di Antonio Bertoli edito dalla casa editrice Spazio Interiore non è una semplice raccolta di saggi. Le pagine da cui è composto sono i tentacoli di una mente onnivora che affonda il suo sguardo su ogni campo della vita. La Vita autentica è infatti il grande connettore che unifica tutti gli argomenti di cui Bertoli racconta, che fa apparire l’unità concettuale del libro nella sua solo apparente eterogeneità. Come scrive l’autore stesso nell’introduzione, l’unico discriminante che ha usato per scegliere i testi da pubblicare sta nell’autenticità: «Cosa ce ne facciamo di una disquisizione teorica, di un romanzo o di una poesia che non ci cambiano la vita? E dicendo questo intendo solo dire che non ci corrispondono, che non ci fanno vibrare quelle corde meravigliose dell’essere autentico che ci costituisce».

Dopo la breve nota che dà il titolo alla raccolta, il libro si apre con uno dei testi più interessanti di tutta la silloge: Di streghe e di fate, un viaggio tra cabala, magia, alchimia e Tarocchi. Le sorprendenti analogie tra cabala, alchimia e magia di cui si compone questo viaggio sono tali da essere definite corrispondenze: i quattro elementi che compongono il mondo corrispondono pienamente alle quattro lettere del nome di Dio e nella magia divengono quattro diversi classi di spiriti. Il Tarocco esoterico, che sovrintende la corrispondenza attraverso i suoi quattro semi, può diventare una rappresentazione completa del rapporto tra Dio, l’uomo e l’universo. Le streghe e le fate diventano gli esseri depositari di questa conoscenza arcaica, il cui potere viene cercato di controllare attraverso alcune ricette (divertenti e assurde) riportate nel libro direttamente dal Dizionario infernale di Jacques Collin de Plancy.

Il racconto lascia poi l’ambito magico per accedere alle riflessioni artistiche su René Magritte e il Surrealismo, unico tentativo artistico di far coincidere Unità, Totalità e Surrealtà, che nel saggio sulla nescienza diviene la dissoluzione della realtà, la trasgressione della ragione che scardina il reale e fa apparire d’incanto una miriade di significati semantici occulti dalla statura enorme. La coscienza, scardinata da un reale riportato a un livello artistico che si deve di nuovo decifrare e leggere, diventa appunto nescienza attraverso la sua stessa contraddizione.

La riflessione sulla letteratura è la parte più corposa della raccolta: dalle poesie di Dino Campana, poeta maudit, all’arte di Ferlinghetti, passando per il Don Quijote di Cervantes, le cui mani diventano gli strumenti per definire e servire la realtà: la mano fantasma, simulacro della mano sinistra persa a causa di un colpo d’archibugio nella battaglia di Lepanto, è il simbolo della colpa di cui la società si vuole lavare, che crea mondi e futuri astratti, mentre l’altra mano, la destra, la mano reale, si appoggia alle poche ringhiere rimaste nel mondo.

Ma è nella riflessione sulla poesia d’amore che prende il largo dalle note a margine di Solo de Amor, la poesia di Alejandro Jodorowski, caro amico dell’autore, che la riflessione teorica raggiunge la sua vetta. L’autore distingue due linee poetiche e quindi due modi di vivere la vita proprio nella riflessione sull’amore poetico: se la donna cara al romanticismo è una diretta emanazione del mito della Vergine Maria e se quindi tutti i suoi cantori sono “Edipi irrisolti”, tutte imitatio christi nella sua perfetta irrealizabilità, da Orlando a Sex & the city, i membri della seconda concezione poetica sono Lucrezio, Caravaggio, il già citato Campana, Eraclito, Baudelaire, Courbet, Elliot, Dylan Thomas e naturalmente Jodorowsky, che invece di santificare la donna e farne un modello astratto irragiungibile, la rende nel quotidiano dell’esperienza, senza meccaniche sublimazioni di sorta: «Solo de amor parla dell’amore e della donna, della loro relazione, proprio come di un processo di autoconoscenza, di autoconoscenza tramite la relazione».

Il libro si chiude con le riflessioni storico-artistiche di Panico!, in cui la dimensione panica diventa un “movimento” post surrealista attraverso cui liberarci dalle idee di Storia e di Progresso, e il Novecento un periodo storico da cui ancora non abbiamo preso commiato: il manifesto artistico di Jodorowsky, Arrabal e Topor diviene a loro comune quando «l’arte e la vita si mescolano in un esercizio totalizzante, panico». I tre se ne distazieranno pochi anni dopo, a causa delle origini di questo esercizio. Se per Arrabal e Topor infatti l’esercizio è l’estremizzazione surrealista in cui l’arte è inizio e fine, per Jodorowsky è la Vita stessa che fa la sua cruenta irruzione nell’arte, come nel famoso detto: trasformare il mondo e cambiare la vita.

Antonio Bertoli ha avuto una lunga esperienza in ambito teatrale e poetico, collaborando con diversi artisti e personalita? del mondo dell’arte e della cultura (Fernando Arrabal, Roland Topor, Alejandro Jodorowsky, Antonio Tabucchi). Nel 1996 ha fondato a Firenze City Lights Italia, libreria e casa editrice che si e? occupata essenzialmente di poesia, in collaborazione con Lawrence Ferlinghetti, mito vivente della beat generation. In parallelo a queste esperienze si e? occupato da sempre dell’arte del Tarocco e di Psicogenealogia, vedendo in questa una differente ma integrata modalita? di espressione e stimolo della creativita?, nonche? un mezzo di indagine e di liberazione dell’inconscio e delle sue pulsioni, strumenti di tera- pia da una parte e di espressione creativa dall’altra.

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Nel 2010 Antonio Bertoli ha pubblicato con Macro Edizioni Psico-Bio-Genealogia – Le origini della malattia.


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