«L’Arte dell’Agguato consiste in una serie di procedure e atteggiamenti che consentono al Guerriero di trarre il meglio da ogni possibile situazione.»

«Il Primo Principio dell’Arte dell’Agguato è che il Guerriero sceglie il proprio campo di battaglia. Un Guerriero non va mai in battaglia senza conoscere i dintorni.»

«Scartare ciò che è superfluo è Il Secondo Principio dell’Arte dell’Agguato. Un Guerriero non complica le cose. Mira alla semplicità. Dedica tutta la sua concentrazione a decidere se ingaggiare o meno battaglia, perché ogni battaglia è per la vita.»

«Questo è Il Terzo Principio dell’Arte dell’Agguato. Un Guerriero dev’essere pronto e disposto a prendere posizione “qui e subito”. Ma non all’insegna del caos.»

«Un Guerriero si rilassa, si abbandona, non teme nulla. Solo allora il potere che guida gli esseri umani gli apre la strada e lo sostiene. Solo allora. Questo è Il Quarto Principio dell’Arte dell’Agguato

«Di fronte a circostanze impossibili da affrontare, il Guerriero si ritira temporaneamente. Si dedica a qualcos’altro, va bene qualunque cosa. Questo è Il Quinto Principio dell’Arte dell’Agguato

«Il Guerriero comprime il tempo; questo è Il Sesto Principio dell’Arte dell’Agguato. Anche un solo istante conta. In una battaglia per la sopravvivenza, un secondo è un’eternità, un’eternità che può decidere l’esito. Il Guerriero mira a riuscire, quindi comprime il tempo. Non spreca neppure un istante.»

«Per applicare Il Settimo Principio dell’Arte dell’Agguato bisogna applicare gli altri sei; colui che pratica l’Agguato non si mette mai in mostra. Osserva da dietro le quinte.» (Carlos Castaneda, Il Dono dell’Aquila)

L’AGGUATO A SE STESSI È LA BASE DELLA FOLLIA CONTROLLATA

«Il Primo principio in assoluto dell’Arte dell’Agguato è che il Guerriero ponga l’Agguato a se stesso, e lo faccia spietatamente, con astuzia, pazienza e dolcezza.» disse don Juan. Avrei voluto mettermi a ridere, ma non me ne lasciò il tempo. Con toni succinti, defini l’Agguato come l’arte di usare il comportamento in nuovi modi per scopi specifici. Disse che il normale comportamento umano nel mondo della vita di ogni giorno era pura routine.»

«Ogni comportamento che si distaccava dalla routine provocava un effetto insolito sul nostro essere totale. Quell’effetto insolito era quello che cercavano gli Sciamani, poiché era cumulativo. Mi spiegò che gli antichi Sciamani, con la loro veggenza, avevano notato per primi che un comportamento insolito produceva un tremito nel Punto di Unione. Presto scoprirono che, se questo comportamento fuori dalla norma si teneva sistematicamente e si pilotava con saggezza, faceva alla fine spostare il Punto d’Unione. «La vera sfida per quei veggenti» continuò don Juan «fu di trovare un sistema di comportamento che non fosse meschino o capriccioso, ma combinasse la moralità e il senso estetico che distinguono gli Sciamani Veggenti da comuni stregoni». (…)

«Chiunque riesca a spostare il proprio Punto d’Unione in una posizione nuova è uno Sciamano» proseguì don Juan. «Da quella nuova posizione, egli può compiere ogni sorta di azione, buona o cattiva, nei confronti del genere umano. Fare lo stregone equivale perciò a fare il ciabattino o il fornaio. Lo Sciamano Veggente (l’Uomo di Conoscenza) mira ad andare oltre quel limite, e per farlo ha bisogno di moralità e bellezza.» (Carlos Castaneda, Il Potere del Silenzio, pag. 98)

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