L’annoso dilemma del Cercare
di Giovanni Maria Quinti
Da quando il genere umano è apparso sul pianeta Terra, con lui è emerso anche il “Mistero”: da dove proviene l’uomo? Qual è lo scopo della sua esistenza? Perché è così diverso dagli altri esseri viventi?
Per darsi una risposta alcuni seguono questa logica: se il creato è un meccanismo così perfetto, ancora più perfetto del meccanismo di un orologio, deve pur esserci un creatore, un orologiaio dalle potenzialità vastissime. Ogni nuovo tentativo di dare delle soluzioni al “Mistero” impone nuove domande: chi è questo Creatore? Da dove proviene? Esiste realmente? È solo frutto di una fantasia? Perché non si fa conoscere? Anche dando per scontata l’esistenza del divino, nuove questioni ancora più complesse si fanno strada: come stringere un rapporto con questa divinità? Cosa vuole dall’uomo? Come può l’uomo sviluppare le capacità per conoscerla? Dalla filosofia, alla religione, dal pensiero superstizioso popolare a quello tecnico-scientifico l’uomo ha versato fiumi di inchiostro per tentare di dare risposta a tutto questo.
Da una parte la religione dogmaticamente afferma l’esistenza della divinità. Dio esiste, secondo le sue tesi, e l’uomo deve sottostare alle sue leggi. Chiunque non adempie a tali prescrizioni, conoscerà il castigo a lui riservato. La religione diventa un mezzo per non incorrere in un tremendo giudizio finale. Molti gruppi cristiani (piú o meno fondamentalisti) usano questa tecnica comunicativa per sedurre nuovi accoliti: alimentando la paura delle conseguenze, esaltano la qualità del loro rimedio. Sfogliando le loro pubblicazioni è facile trovare dipinti simili a quelli del Dorè: uomini e donne nel fuoco infernale, fra dolori e pene indicibili. Tali immagini sono spesso affiancate ad altre di opposta ambientazione: un giardino meraviglioso con un monte innevato in lontananza e dei bambini sorridenti che giocano. Sotto, una didascalia: vuoi vivere anche tu per mille anni in un paradiso terrestre? Sotto ancora l’indirizzo del gruppo: un silenzioso invito a partecipare.
La filosofia ha prodotto così tante ipotesi da perdersi nel labirinto del teorismo. Spesso i filosofi, invece di avere come obiettivo l’indagine del Vero, diventano degli showman di oratoria e, in tal modo, segregano se stessi nel giardino illuminato ed elitario delle disquisizioni intellettuali fine a se stesse.
La scienza, a sua volta, dimenticandosi il senso del termine “teoria”, sempre più somiglia alla religione nel dogmatizzare certezze al grande pubblico, piuttosto che proporsi come luogo di indagine e discussione. La determinazione di alcuni “no” scientifici sembra animata dalla stessa forza del sacerdote che esorcizza il demonio con l’acqua santa.
Eppure, talvolta, da queste grandi correnti dello scibile emergono individui con una sensibilitá maggiormente disposta a considerazioni meno rigide. Persone che non rimangono imprigionati fra le maglie della difesa estrema delle loro idee. Cultori della conoscenza e del dibattito più che dell’imposizione. Tra essi possiamo individuare Religiosi che, pur rimanendo esteriormente fedeli alla propria denominazione, ne vedono i difetti e portano avanti, forse nascostamente, idee più estese. Troviamo anche Filosofi del vivere, più che del puro pensare, o scienziati che sentono il limite di ciò che conoscono, senza gonfiarsi di orgogliose certezze. Non per forma o vezzo intellettuale affermano ciò che Nietzsche diceva nel XIX secolo: “…E’ un giusto giudizio dei dotti che gli uomini di tutti i tempi abbiano creduto di sapere che cosa sia giusto e cosa non lo sia, degno di lode e di biasimo. Ma è un pregiudizio dei dotti che noi adesso lo sappiamo meglio di qualsiasi altro tempo…”
Per entrare nello specifico, fra questi Grandi, possiamo annoverarvi anche George Ivanovich Gurdjieff nato nel 1869 ad Alexandropol (Armenia russa) da una famiglia di origini umili. In quell’ambiente difficile egli stesso si pone, sin da giovanissimo, le domande che attanagliano l’uomo da sempre. Quando raggiunge un’età sufficientemente matura abbandona la sua famiglia e inizia una ricerca che lo porterà in molte città del Medioriente, negli stessi luoghi dove Gesù e Maometto hanno camminato, spingendosi ancora più a Est, nei luoghi del Buddha.
Entra in contatto con piccoli gruppi, scuole di pensiero fra il filosofico ed il religioso, e individua dietro esse un corpus fondamentale e coerente di conoscenze sull’uomo ed il suo mondo psichico. Comprende che originariamente le religioni avevano come obiettivo lo sviluppo interiore dell’uomo. Una sorta di conoscenza concreta, applicabile da chiunque ne avesse padronanza, che aveva come obiettivo l’ampliazione e lo sviluppo della coscienza individuale. Gurdjieff, liberandosi dal puro teorismo, si getta nella sperimentazione di questi sistemi, passando da Maestro a Maestro e sottoponendosi alla loro disciplina.
Dopo anni di questo “apprendimento” egli affermerà: “Che cos’è la Coscienza Divina? È un livello troppo alto e teorico per l’uomo che non riesce ad avere coscienza di se stesso e del presente! È necessario, innanzitutto, imparare ad essere più vivi qui, nell’unico mondo che conosciamo, quello apparente. Come può l’uomo del terzo millennio, sempre più simile ad una macchina che ad un individuo, porsi la questione del Trascendente?”
L’uomo che non riesce a cogliere la bellezza di un sole che sorge, di una rosa che sboccia, dell’attimo che passa come potrà mai conoscere l’eterno? L’uomo che non conosce se stesso potrà mai essere consapevole di Dio? L’uomo dimentico della brevità della sua vita, potrá mai diventare cosciente dell’eternità dell’Universo?
Il Lavoro gurdjieffiano sull’uomo é complesso, cosí come é complessa la macchina umana. È un iter, destrutturate e ristrutturante insieme, avente come obiettivo l’acquisizione di un’attenzione di qualitá più alta. Questa “attenzione” G. la definisce “Ricordo di Sé”: non solo un lirismo poetico che invita ad un’esistenza dove il Sé è posto al centro, dove le dinamiche del vivere quotidiano tornano al loro giusto posto, ma uno stato dell’essere pratico e sperimentabile.
Ricordo di Sé prima di tutto, ancora prima dell’altro-da-me, prima della morale e dell’etica imposta, prima del “mondo di fuori”. Ricordo di sé per riscoprire quanto viviamo nella totale dimenticanza del corpo e dei giochi emotivi, psicologici e irrazionali che attuiamo incoscientemente; per percepirsi nello spazio circostante, sentirsi prima ancora di sentire l’altro.
Su Gurdjieff sono stati scritti numerosi libri, testi, articoli, tesi universitarie.
Eppure tutte queste parole non potranno mai farci conoscere la sua capacità di creare un’innovazione nell’anima di coloro che a lui si rivolgevano. Possedeva l’abilità di far cadere il castello di carta delle finte sicurezze dei suoi allievi e indicare dove lavorare per rafforzare l’essenza: il vero io bambino troppe volte travestito da adulto conquistatore in un mondo dove é difficile rimanere in gioco senza combattere. Oggi non possiamo piu conoscere la grandezza di questo personaggio, ci ha lasciato nel 1949 ed i suoi libri sono solo un pallido ricordo della sua forza e genialitá. L’Arte di comprendere i cuori è un dono, non una dottrina scientifica stampata in un volume, e pochi la possiedono.
Il suo essersi messo in viaggio alla ricerca di una risposta essenziale alle domande fondamentali dovrebbe servire a noi tutti. Perché, anche se Gurdjieff ci ha lasciati, esiste ancora quella Tradizione a cui faceva riferimento e dalla quale ha ampiamente attinto ed esistono tutt’oggi persone che affermano di conoscerla.
Avremo modo di riporre i depliant dello spirito e metterci noi stessi in cammino per sperimentare? Avremo il coraggio di credere di poter trovare delle risposte? Saranno sufficienti a ristorarci, dalle incertezze e dagli autoinganni, gli esempi di quei Grandi Uomini che questo viaggio lo hanno intrapreso prima di noi e che hanno affermato di aver trovato La Risposta? Anche se questo viaggio dovesse costarci molte sofferenze?
La qualità delle nostre domande è cambiata da quelle in apertura di questo articolo, ma la loro soluzione non dipende piú da qualche dottrina che potremo prendere in prestito da questo o quel Maestro.
Qui nemmeno Gurdjieff puó aiutarci. Né lui, né nessun altro.
Fonte: http://lateca.info/quarta-via/articoli-approfondimento/42-insegnamento-gurdjieff.html