[…] Mingo: Gli zombie. Amo i film e le serie su questo tema, come The walking dead. Ideata dal regista Frank Darabont e basata sull’omonima serie a fumetti scritta da Robert Kirkman, narra di creature selvagge, disumane, che barcollano per gli Stati Uniti in cerca di vittime. Si nutrono della carne dei vivi, si muovono con estrema lentezza, l’unico modo per ucciderli è distruggere il loro cervello.
Eppure non pensano! Se c’è una cosa certa è che gli zombie non pensano. Io lo ricordo, perché anch’io sono stato zombie e quando lo ero, non pensavo, avevo il cervello atrofizzato. Sì, gli zombie hanno il cervello atrofizzato.
Voglio sottolineare che quando sei zombie, non sei consapevole di esserlo. Ti adegui a quello che fanno gli altri, a quello che fa la società, a quello che fa la massa.
Di solito gli zombie si aggirano in gruppo, con un braccio penzolante, brandelli di carne cadenti, attirati dall’essere umano. Ti accorgi subito che non pensano, perché non si rendono conto del loro deterioramento fisico. Gli zombie di cui parliamo noi, però, sono più complicati, sembrano uguali a noi, mentre non lo sono. Il loro deterioramento è interiore, possono vivere guardando, ad esempio, 24 ore su 24 il cellulare, con la testa bassa, ipnotizzati dallo smartphone, perennemente connessi ai social. Guardatevi intorno… riconoscerete senz’altro questi zombie. Sono tutti coloro che incontriamo ogni giorno, per strada, nel portone, nell’ascensore. Forse se ci guardassimo allo specchio, scopriremmo di esserlo anche noi.
Max: Sì, in effetti gli zombie sono sempre connessi. Il problema è che più si è connessi con la tecnologia e meno lo si è con se stessi e quindi meno tempo si ha di pensare e ci si inzombisce di brutto. Social media, email, web, chat, app… e poi computer portatile, fìsso, tablet, smartphone. Questo non è uso della tecnologia, è abuso che non lascia tempo per pensare.
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