L’Albero, la Tavola della Sapienza e il Poema dantesco, sono un viaggio dell’Anima, che pretende di congiungersi allo Spirito, come dice Jung, ma che vuole essere alimentata d’Amore e di Bellezza, come dice Hillman.

Infondo, l’Anima è un ente desiderante. E così noi ai suoi desideri ci abbandoniamo, anche inconsapevolmente, per sfuggire al turbine doloroso di Malkuth.

Davanti a noi tre possibilità, tre soglie da varcare, ognuno a modo suo, ciascun individuo per se stesso preso, in miliardi di variazioni possibili. Ma tutti, con tempi diversi, ci troveremo davanti a questi sentieri biforcati.

Il desiderio di SAPERE, soglia del pilastro della LEGGE.

Il desiderio d’AMARE, soglia del pilastro della MISERICORDIA.

Il desiderio di DISOBBEDIRE, soglia del pilastro della MANSUETUDINE.

Sono i bambini che non smettono mai di fare domande. Sono i bambini che hanno bisogno d’amore. Sono i bambini che vogliono disobbedire per comprendere quale sia il loro territorio.

Forse è proprio per questo che l’Albero consiglia di passare per Yesod, per l’atto di disobbedienza, per poter accedere alle altre sfere. Il Disobbedire coincide con il processo di Individuazione: separarsi dall’informe per diventare forma, cercare l’IO SONO, abdicare con consapevolezza ai falsi modelli del mondo, alle sue illusioni, alle sue convenzioni, per andare alla ricerca di quel FONDAMENTO che trascende Malkuth. Questa disobbedienza è il seme di Adamo, necessitata dalla sua Natura, quindi innocente e priva di colpa. E’ colpevole invece chi la ostacola: tutti sappiamo quanto sia lungo e faticoso il processo di individuazione, e quanto sia pesante liberarsi dalle zavorre che il mondo ci mette sulle spalle, dai doveri ai ricatti affettivi dalle maschere alle pastoie condite come fossero verità.

Forse è per questo che solo il MATTO può volare di corsa su questo sentiero, leggero, danzante, seminudo, INDIVIDUATO. Ha perso se stesso e quindi si è trovato: così, in semplicità, mansueto e abbandonato alla Voce della Coscienza Cosmica che sente viva e parlante dentro di sé, convinto che una stella che cade racconta più cose di un telegiornale. Addirittura convinto di essere lui la stella che cade. Se lo può permettere, perché è lo Spirito che attraversa tutte le cose, e che noi però raggiungiamo a fatica, dentro di noi,

Ma esiste il piano B: se non siete diventati abbastanza matti da giovani per disobbedire (forse vi verrà meglio più tardi) potete arrivare a HOD sul sentiero del Mondo-Shin-Apprendere, spinti dal desiderio di sapere, e a Netzach sul sentiero del Giudizio-Reisch-Sapienza d’Amore, spinti dal desiderio d’amare.

Sapete che in questo caso non rispettate il programma di viaggio, e quindi vi potreste anche perdere, e correre il rischio di entrare nell’ombra della sephira e non nella sua luce.

Prendere il Mondo nelle mani, con tutti i suoi quattro elementi e i loro miliardi di variazioni, e buttarsi nella sua indagine, l’abbiamo fatto tutti. Ci costringono a farlo le pubbliche istituzioni, le scuole, il mondo mediatico, la curiosità innata, il desiderio di accumulo di informazioni, la lettura del quotidiano, l’autodidattismo imperante sbriciolato nella rete: che vi aspettavate, nudi e disarmati nelle mani di Mercurio? Dell’Hermes onnivoro, sapiente e un po’ladro.

Quando avete letto HOD, nello Splendore che la caratterizza, vi hanno parlato di scuole iniziatiche, di scuole elitarie, dello studio intenso e disinteressato e direzionato al bene del prossimo. Tutte cose molto gratificanti, che un po’ solleticano la nostra vanità. Ma HOD è anche la scuola elementare, l’insegnante infelice, il dirigente insipiente, il barone universitario che non sa mettere le virgole nei suoi testi. Anche la famiglia incollata al televisore. Perché vi dico questo? Perché, innanzi tutto, dovete considerare il materico in tutti i suoi gradi di manifestazione: la pietra filosofale è grezza, brutta, tanto respingente che molti preferiscono scartarla. Come è scritto nello Zohar (libro della Kabbalàh) anche i migliori maestri scalpellini la scartano, e la buttano in strada come fanno le massaie con l’acqua sporca. Ma è pietra che va attentamente sgrezzata e scolpita e distillata fino a renderla invisibile, ma bellissima. (L’Alighieri, alla fine del viaggio, la chiama amor che move il sol e l’altre stelle, la totale invisibilità di Kether.)

In secondo luogo, perché dovete capire che l’Albero dello Splendore, costruito sulle manifestazioni divine, non può restare strumento solo per le menti elette che hanno scelto di attingere al Mistero chiuse nella loro splendida solitudine. L’Albero parla di noi, del nostro mestiere di vivere, di tutti gli inciampi del nostro esistere, che in Malkuth sono veramente tanti.

Di Maria Castronovo

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