… I Maestri spirituali ci dicono che la felicità viene dal riempire di amore il nostro cuore, dalla fede e dalla speranza, dal praticare la carità e dal dispensare affetto. Praticamente hanno ragione. Dati questi atteggiamenti, ne conseguono, di solito, l’equilibrio e l’armonia. Collettivamente costituiscono uno stato di essere. Oggi sono uno stato alterato di coscienza.

È come se il genere umano, finché è sulla terra, non fosse nel suo stato naturale. Deve raggiungere uno stato alterato per riempirsi di amore, di carità e di semplicità, per sentire la purezza, per liberarsi delle sue croniche paure.«Come si raggiunge questo stato alterato, questo altro sistema di valutazione? E, una volta raggiunto, come può essere sostenuto? La risposta appare semplice. È il comune denominatore di tutte le religioni. Il genere umano è immortale e quello che stiamo facendo adesso è imparare la nostra lezione. Siamo tutti a scuola. È così semplice se possiamo credere nell’immortalità.

«Se una parte dell’essere umano è eterna e vi sono molte prove storiche per supporlo, perché ci facciamo tanto male? Perché sopraffacciamo gli altri per il nostro personale vantaggio senza apprendere la lezione? Tutti sembriamo andare verso lo stesso punto di arrivo, sebbene a velocità diverse. Nessuno è più grande di un altro.
«Consideriamo le lezioni. Intellettivamente le risposte ci sono sempre state davanti, ma questa necessità di attualizzare con l’esperienza, di rendere permanente l’impressione subconscia con l'”emozionalizzazione” e la pratica del concetto, è la chiave. Memorizzare solo nella scuola di catechismo non basta. L’apprendimento orale senza il comportamento effettivo non ha valore. E’ facile leggere o parlare di amore, di carità e di fede, ma il farlo, il sentirlo, richiede quasi uno stato alterato di coscienza.

Non un fugace stato indotto dalle droghe, dall’alcool o un’inattesa emozione. Lo stato permanente viene raggiunto con la conoscenza e la comprensione. È sostenuto dal comportamento fisico, dagli atti e dai fatti, dalla pratica. È il compiere qualche cosa di quasi mistico, il trasformarlo in familiarità quotidiana con la pratica, il farne un’abitudine.
«Capire che nessuno è più grande di un altro. Sentirlo. Aiutare praticamente gli altri. Siamo tutti nella stessa barca. Se non remiamo insieme, i nostri progetti rimarranno paurosamente isolati. Un’altra notte, in un altro sogno, io facevo una domanda. «Voi dite che tutti siamo eguali e tuttavia le ovvie contraddizioni ci colpiscono: vi sono ineguaglianze nelle virtù, nei temperamenti, nelle finanze, nei diritti, nelle capacità, e nei talenti, nell’intelligenza, nelle attitudini matematiche, all’infinito.»

La risposta fu una metafora. «È come se un grande diamante fosse trovato in ogni persona. Immaginate un diamante lungo trentacentimetri. Il diamante ha mille faccette, ma le faccette sono coperte di sporcizia e di catrame. È compito dell’anima ripulire ogni faccetta finché la superficie sia brillante e rifletta un arcobaleno di colori. «Alcuni hanno pulito molte faccette, che brillano luminosamente. Altri sono riusciti a pulirne solo poche; e queste non sono così luminose. Ma, sotto lo sporco, ogni persona possiede nel suo petto un fulgido brillante con mille faccette luminose.

Il diamante è perfetto, senza la minima incrinatura. La sola differenza tra gli uomini è il numero delle faccette pulite. Ma tutti i diamanti sono eguali e ognuno è perfetto.«Quando tutte le faccette sono pulite e splendenti in uno spettro di luci, il diamante torna ad essere la pura energia che era in origine. Le luci rimangono. È come se il processo di formazione del diamante fosse rovesciato e ogni pressione si rilassasse. La pura energia esiste nell’arcobaleno delle luci e le luci possiedono coscienza e conoscenza.
«E tutti i diamanti sono perfetti.»

Brian Weiss dal libro Molte vite, molti maestri

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