di Roberto Senesi
Come può l’uomo essere indipendente dalle influenze esteriori, dalle grandi forze cosmiche, quando è schiavo di tutto ciò che lo circonda? Egli è in balia di tutte le cose intorno a lui. Se fosse capace di liberarsi dalle cose, potrebbe anche liberarsi dalle influenze planetarie. “Libertà, liberazione.
Questo deve essere lo scopo dell’uomo. Diventare libero, sfuggire alla schiavitù — ecco ciò per cui un uomo dovrebbe lottare allorché è diventato, anche solo un poco, cosciente della sua situazione. Questa è la sola via d’uscita per lui, poiché nient’altro è possibile finché resta uno schiavo, interiormente ed esteriormente. Ma non può cessare d’essere schiavo esteriormente finché resta schiavo interiormente. Così, per diventare libero, deve conquistare la libertà interiore. “La prima ragione della schiavitù interiore dell’uomo è la sua ignoranza, e, soprattutto l’ignoranza di sé stesso. Senza la conoscenza di sé, senza la comprensione del moto e delle funzioni della sua macchina, l’uomo non può essere libero, non può governarsi e resterà sempre uno schiavo, in balia delle forze che agiscono su di lui. “Ecco perché, negli insegnamenti antichi, la prima richiesta a chi si metteva sulla via della liberazione,
era: ‘Conosci te stesso’ “.
ESTRATTO DA “FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO” di P.D.Ouspensky
L’osservazione è l’inizio e la fine del lavoro, l’unica pratica da imparare, l’unico onere che ci spetta ai fini di un corretto processo di crescita e di consapevolezza in armonia coi modi e coi tempi di ciascun ricercatore di verità, o comunque lo si voglia chiamare.
Partendo da questo assunto non sarà difficile comprendere che il primo passo da compiere è proprio quello di creare un “io” osservatore, ovvero qualcuno che guardi ciò che accade all’interno nel momento stesso in cui un qualsiasi processo si trovi nell’atto di svolgersi.
Fintanto che siamo completamente identificati con i pensieri e le emozioni infatti, questo processo di osservare non è assolutamente possibile, proprio perchè per definizione, essere identificati corrisponde ad essere tutt’uno con i pensieri e le emozioni contingenti, indi per cui non può esserci nessuno che osserva. Ho notato che nonostante sembri una cosa abbastanza semplice da capire intellettualmente, molte persone fanno confusione, e tendono ad associare l’io osservatore al giudice interno, che più che limitarsi ad osservare un processo tende ad etichettarlo ed indirizzarlo verso un atteggiamento più “spiritualmente corretto”.
Per dirla con parole diverse, siamo ancora nella mente e nei suoi modi di fare.
Abbiamo appreso da qualche lettura, o dalla fantasia popolare che l’illuminato, o l’uomo spirituale per rimanere più nel generico adottano un certo tipo di atteggiamento nei riguardi della vita, atteggiamento che potremmo riassumere nei seguenti punti:
E’ sempre buono e gentile con tutti.
Se ne va in giro con un sorriso ebete stampato sulla faccia a prescindere da cosa gli accada.
Non giudica niente e nessuno, è nell’accoglienza più totale.
Non fuma, non beve, non dice parolacce, fa solamente sesso sacro e naturalmente si nutre di bacche, tofu e frutta secca rigorosamente bio.
Emozioni quali rabbia, astio, risentimento, frustrazione e gelosia sono assolutamente fuori catalogo, vale a dire che non fanno parte del corredo del piccolo spiritualista, pena l’espulsione dall’albo degli illuminati.
La personalità decide che così com’è stata fino ad oggi non va più bene, per cui dismette un vestito e ne indossa un altro, più gradevole, più profumato, più desiderabile ai nostri occhi e a quelli degli altri.
Apparentemente cambia poco, in realtà questo atteggiamento non ha nulla a che vedere con la creazione del testimone e il relativo lavoro di osservazione dei nostri processi interni. Ancora una volta stiamo cercando di migliorare l’involucro esterno per apparire migliori, più meritevoli di amore e approvazione, ancora una volta il terreno sul quale stiamo piantando i nostri semi è fatto di rifiuto e di non accettazione di noi stessi così come siamo, poichè così come siamo non andiamo bene, non siamo abbastanza, non ci riteniamo meritevoli.
“La conoscenza di sé è uno scopo molto alto, ma molto vago e distante.
L’uomo nel suo stato attuale è molto lontano dalla conoscenza di sé. Questa è la ragione per cui, rigorosamente parlando, lo scopo di un uomo non può essere definito la conoscenza di sé. Il suo grande scopo deve essere lo studio di sé. Per lui sarà ampiamente sufficiente comprendere che deve studiare sé stesso. Ecco lo scopo dell’uomo: cominciare a studiare sé stesso, conoscere sé stesso, nel modo più giusto. “Lo studio di sé è il lavoro, o la via, che conduce alla conoscenza di sé. “Ma per studiare sé stessi, occorre innanzitutto imparare come studiare, da dove cominciare, quali mezzi impiegare. Un uomo deve imparare come studiare sé stesso, deve imparare i metodi dello studio di sé. “Il metodo fondamentale per lo studio di sé è l’osservazione di sé. Senza una osservazione di sé eseguita in modo corretto, un uomo non comprenderà mai come le diverse funzioni della sua macchina siano collegate e in correlazione tra loro, non comprenderà mai come e perché, in lui, ‘tutto accade’.
ESTRATTO DA “FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO”
di P.D.Ouspensky
In base a questo assunto, quando per esempio percepirò in me la rabbia si attiverà immediatamente un giudice interno – che poi non è altro che il genitore interno – che mi indicherà che l’emozione della rabbia non è un atteggiamento corretto rispetto ad un codice comportamentale associato alla figura dello spiritualista, per cui tenderò a reprimere questa emozione anzichè osservarla, e così facendo la spingerò nell’ombra, in quella zona del subconscio che mi farà credere per un periodo di tempo variabile di averla superata e trascesa, mentre in realtà non sto facendo altro che ingigantirla, andando nella direzione contraria al lavoro su di sè e all’integrazione dei vari aspetti della personalità.
Il processo stesso dell’osservare senza interferire, senza controllare, senza manipolare, modificare e indirizzare è un fuoco che lentamente, ma inesorabilmente trasforma ciò che è grezzo e pesante in qualcosa di raffinato e sottile.
Servono volontà, amore, pazienza e perseveranza.
I disagi sono energie sepolte che non trovano spazio.
Più cerchi di SPIEGARLI E CORREGGERLI ( ovvero di spiegarTI e correggerTI) più li costringi a tornare.
Più ti imponi come devi essere, più costringi il malessere a venire.
Il disagio è chiamato dall Anima che vuole attivare altre energie che non usi perché sei diventato troppo unilaterale.
Cosa ti sta chiedendo il panico? (L’ansia, la tristezza, la rabbia, l’insofferenza…) Cosa vuole la sua nebbia?
Cosa stai dimenticando di te?
Dove sei finito?
La rosa fa il bocciolo senza dirsi che lo deve fare.
Il tuo compito è non disturbare il processo, non correggerlo. Se non lo disturbi il processo mette a posto le cose da solo.
(Tratto da Riza – giugno 2016)
Non dobbiamo far nulla se non guardare, esserci mentre le cose accadono, nient’altro.
Il problema non è tanto che giudichiamo…
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