Probabilmente suggestionato dai trattati alchemici che circolano sempre più numerosi verso la fine del Quattrocento, Leonardo realizza l’immagine vivente di Sophìa: Monna Lisa.

Monna Lisa sintetizza nel suo corpo i processi di trasformazione dell’anima vegetativa, nell’anima sensitiva e infine nell’anima intellettiva, mentre il suo volto esprime la parte passiva dell’intelletto dell’anima (il Nous), chiamata in greco “Patetica”. Coltivando il silenzio interiore (Monna Lisa è sordomuta, nello stesso anno Raffaello dipinge la Muta), l’anima intellettiva percepisce il mondo esterno come un riflesso di quello interiore.

Aristotele afferma che la parte passiva del Nous è come una tavoletta di cera sulla quale si incidono i segni della stilo, ed è il cuore (il sè principiale) a trasmettere dati, sensazioni, ricordi, emozioni, sentimenti ed esperienze. Il collegamento tra il “cervello e il cuore” avviene nell’attività passiva di introspezione, proiezione, visualizzazione e meditazione delle immagini, per cui avviene un fenomeno di “retroazione” di tutto ciò che si è studiato, visto e sperimentato nell’esistenza.

L’artista, immergendosi profondamente nell’opera (la vasca tombale), realizza una sintesi unitaria della realtà “soggettiva e oggettiva” che è già di per sé atto di conoscenza. Questo atto è unico, inconfutabile e non può che descrivere una tappa del percorso di rivelazione della verità di cui è portatrice l’anima alchemica.

Marta Breuning

L’intelletto cosmico, o nous
traducibile con Pensiero o Intelletto, è un’espressione introdotta dal filosofo greco Anassagora per indicare il motore originario dell’universo. Esso interviene a mettere ordine nel caos originario, ed è il responsabile della creazione e della differenziazione degli elementi.

Anassagora vi giunge sulle orme di Parmenide (Elea, Magna Grecia, 515 a.C. – 450 a.C.), il quale aveva affermato che l’essere è eterno e che il divenire è solo apparenza.

Anassagora condivide con Parmenide l’affermazione dell’eternità dell’essere ma non l’illusorietà del divenire. Nulla nasce e nulla muore, ma tutto si trasforma. Nascita e morte sono termini convenzionali con i quali indichiamo l’aggregazione e la disgregazione delle parti di essere.

Gli elementi che formano il mondo fenomenico sono costituiti da particelle elementari, infinitamente piccole e infinitamente divisibili che il filosofo chiama “semi” chiamati da Aristotele “omeomerie”, (in greco ????????????, da ??????, simile, e ?????, parte) le quali, essendo qualitativamente diverse, si aggregano secondo il criterio della somiglianza. I semi aggregandosi formano le cose che dal prevalere di questo o quel seme acquistano la loro specificità. I semi del ferro aggregandosi formano il pezzo di ferro, quelli del fuoco il fuoco e così via. Ma il ferro e il fuoco contengono anche semi di tutte le altre cose. Tutto contiene semi di tutto.

Aggregazione e disgregazione non avvengono per caso e disordinatamente ma per l’azione del Nous che, imprimendo il movimento ai semi originariamente immobili e caoticamente mescolati, li spinge in determinate regioni dello spazio dove si aggregano e si ordinano secondo un piano prestabilito.

Il nous di Anassagora pone le basi per il sorgere di due grandi temi del pensiero filosofico: il problema del rapporto tra divinità e mondo e il problema del rapporto tra esperienza e ragione.

Platone (Atene, Grecia, 428 a.C. – 347 a.C.), per bocca di Socrate si dice entusiasta del nous di Anassagora, ma poi esprime la sua delusione perché ritiene che non ne abbia tratto tutte le conseguenze perché non gli attribuiva un’intenzionalità.
Intenzionalità introdotta da Platone con la figura del Demiurgo, il “divino artefice” che, situato a metà fra l’essere (o il mondo delle Idee) e la materia, plasma quest’ultima secondo il modello delle Idee.

Aristotele (Stagira, Macedonia, 384 a.C. – Calcide, Grecia, 322 a.C.) definisce Anassagora “uomo assennato” per avere detto che c’è un intelletto anche negli elementi della natura, così come negli esseri viventi, causa della bellezza e dell’ordine dell’universo, ma gli rimprovera di averlo usato solo come causa efficiente. L’aristotelico “motore immobile” è invece causa finale del mondo. Le cose tendono verso di lui spinte dall’ammirazione e dall’amore. Il motore immobile attrae a sé le cose del mondo come l’amato, pur restando immobile, attrae a sé l’amante.

Il termine nous lo si ritrova più tardi in Plotino (Licopoli, Egitto, 203 d.C. – Minturno, Magna Grecia, 270 d.C.), il quale ne recupera l’aspetto non volontario né intenzionale. Il nous per Plotino è la prima emanazione dell’Uno e, in quanto tale, partecipa più delle altre della natura del divino, ma non è il creatore del mondo perché non è dio; esso emana da Dio, come il profumo da un corpo o la luce da una sorgente. Non è neanche assimilabile al demiurgo platonico perché non opera in vista di un fine: esso genera involontariamente, come conseguenza del proprio “pensarsi”, del proprio riflettere su se stesso. È in questo modo che dal nous prende vita l'”anima del mondo”, sorgente della vita e dell’universo.
da: wikipedia

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