L’alchimia è una via spirituale di conoscenza, che nella cultura attuale è male interpretata, considerata una chimica grossolana del passato che s’illudeva di trasformare il piombo in oro, oppure un residuo di antiquate conoscenze scientifiche, mescolate a superstizioni magiche. Essa invece è stata una dei valori portanti della civiltà occidentale fino a tutto il Seicento, ha dato un contributo determinante allo sviluppo della medicina e alla scoperta dei prodotti farmaceutici e tuttora può essere di aiuto per chi ricerca uno stile di vita che tuteli la salute psicofisica.
Molte volte si pone l’accento sull’aggettivo spirituale, per distinguere l’alchimia da tempo prevalente in ambito esoterico o psicoanalitico, detta interiore o mentale, dall’alchimia metallurgica, detta esteriore o materiale, che ha utilizzato nei secoli passati un gergo chimico molto complicato ed operazioni di laboratorio ormai desuete o praticate da pochi.
Tuttavia la distinzione tra alchimia spirituale e alchimia materiale, se è appropriata per quanto riguarda il linguaggio e i metodi utilizzati, trae in inganno per quanto riguarda la finalità. Difatti entrambe concepiscono l’opera alchemica come studio e lavorazione della materia, nella sua struttura profonda e invisibile, allo scopo di separarne le parti sottili dalle spesse, di distillarne le parti mobili o volatili dalle fisse, potenziandone poi l’essenza che rigenera e sana, neutralizzandone le scorie che invece corrompono ed ammalano.
Questo lavoro può essere indirizzato verso una chimica ed una fisica capaci di estrarre energia dalla materia e dalla natura i suoi principi vitali, ma anche e soprattutto verso la trasformazione dello stesso l’alchimista, che attraverso la sperimentazione di tutte proprie funzioni e potenzialità, può distillare dal corpo lo spirito imprigionato nella carne, cioè la sua energia intelligente, per poi rinnovare o rettificare col potere dello spirito depurato lo stesso corpo.
L’alchimia è ricerca sperimentale sui segreti di un universo considerato unitario e vivente, organico, di cui l’uomo è parte integrante fondamentale, ma sconfina nella metafisica e da risposte attendibile a domande che l’uomo da sempre si pone sul senso della vita. Attraverso una lunga serie di operazioni essa dovrebbe portare all’integrazione di corpo, anima e spirito e alla identificazione della mente dell’alchimista con la mente universale ed eterna dell’Assoluto. L’alchimia è pertanto conoscenza ed evoluzione interiore, che vanno messe alla prova attraverso il successo o meno in determinate attività: nella produzione di farmaci, nella cura del proprio stato di salute, dell’attenzione, della percezione, della consapevolezza, in positive relazioni con gli altri e l’ambiente circostante, nelle iniziative che danno un senso ed un valore non effimero all’intera esistenza.
Alla luce di queste considerazioni si capisce come i farmaci alchemici, detti tinture, abbiano caratteristiche particolari, che tra l’altro ne rendono impossibile la produzione industriale ed il commercio, se non in ambito ristretto. In primo luogo i preparati derivano la loro efficacia dall’anima della pianta o del minerale utilizzato, che si riflette sul piano fisico, determinando sostanze chimiche con specifiche valenze terapeutiche; in secondo luogo le erbe e i metalli vanno raccolti e lavorati in tempi astrologici precisi, con lunghi processi artigianali di selezione, lavaggio, sminuzzamento e cottura, fatti a mano, con acqua di fonte e lievito, col concorso fondamentale dello stato spirituale dello stesso operatore di laboratorio.
Le erbe, fin dall’antichità, fanno parte del processo di purificazione del metabolismo e di trasformazione della coscienza degli alchimisti, che si appropriano della loro vibrazione energetica tramite infusi, macerazioni e fumigazioni. Inoltre in laboratorio si utilizzano i succhi di alcune erbe, ad esempio il rosmarino, per legare meglio i metalli da trasformare o per congelare il mercurio, con ad esempio l’erba stella o alchemilla, il cui nome deriva proprio da tale utilizzo.
I primi ricercatori imparano a conoscere le virtù terapeutiche delle piante, stimolati dalla osservazione del comportamento degli animali, istintivamente in contatto con l’anima intelligente della natura e che quando sono ammalati – anche se carnivori – si disintossicano con determinate erbe. In questo eccellono le donne, che fin dai tempi più arcaici sono adibite alla raccolta di vegetali commestibili e in seguito alla loro coltivazione e cottura.
L’utilizzazione medica dei procedimenti di distillazione e raffreddamento, fermentazione e calcinazione, applicati sulle sostanze vegetali, è approfondita dall’alchimia araba, che tra il IX e il XII secolo arriva alla scoperta di oli essenziali, acidi, alcali e sali, dell’acqua distillata, dell’alcool – la cui parola di origine araba significa il demonio o acqua del demonio – , dei liquori medicinali, nel tentativo di realizzare l’oro potabile, la medicina universale che può perfezionare fisicamente e spiritualmente l’esistenza terrena.
In Europa l’utilizzazione medica delle conoscenze alchemiche nasce ufficialmente con l’Umanesimo, anche se nel Medio Evo già esiste una certa pratica erboristica – spesso di guaritrici o levatrici di campagna che successivamente con l’Inquisizione corrono il rischio di essere bruciate come streghe – e circolano erbari e ricettari bizantini, tradotti dal greco in latino. Come la più antica alchimia metallurgica nel crogiolo, nata nel periodo greco alessandrino, negli ambienti colti del Rinascimento l’alchimia verde è mezzo di studio per verificare in vitro le correlazioni esistenti tra la terra e il cielo stellato, tra l’uomo e l’universo.
Già tra il IX e il X secolo la medicina occidentale trae insegnamento da testi greci ed arabi, tradotti in latino dalla Scuola Medica Salernitana. Questa ha il merito di diffondere l’idea che la malattia va combattuta attivamente, con dei farmaci, rifiutando il concetto teologico che è inutile curare il corpo corruttibile, quando la vera salvezza risiede in Paradiso. Il testo ufficiale della scuola, il Regimen Sanitatis, scritto in versi latini, ha una grande diffusione e migliora le conoscenze igieniche e sanitarie in tutta Europa.
Le tecniche di vetreria per la costruzione di alambicchi sofisticati sono messe a punto soprattutto dai benedettini e dai francescani, che almeno fino a quando ciò non è proibito dall’autorità papale, nel XIV secolo, sono esperti alchimisti, che ricercano una quintessenza terapeutica nei distillati alcolici del vino e di altri prodotti vegetali, come tutt’oggi molti frati seguitano a fare in alcuni monasteri.
Giorgio Sangiorgio
Fonte: www.il-convivio.it
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