Come una croce celtica rinchiusa in un cerchio, le quattro dimensioni della realtà umana dovrebbero portarci al punto dell’incrocio – al centro.

L’uomo ha sempre alzato gli occhi verso il cielo per ammirare e osservare il moto delle stelle. Un tempo egli era più connesso con la terra sotto i suoi piedi, con la madre che ha sempre nutrito i suoi figli e accolto tra le sue braccia, le ceneri di chi ha lasciato la vita mondana.

La presa di coscienza delle dimensioni fuori e dentro, incominciò ad espandere quando l’umanità stabilì le relazioni tra di loro. Formando la tribù, la vita sociale insegnò: i fondamenti della sicurezza contro i pericoli, l’utilità delle collaborazioni con persone che condividono la stessa realtà, la complicità di coppia, il valore della famiglia, e infine, ma non di meno, l’incontro con il mistero interiore, che per alcuni popoli era un luogo sacro percepibile nelle stelle, espressa tramite la natura e visibile negli occhi di chi si ama, perché quando la sacralità è sentita dentro, tutto è un riflesso dell’uno.

Come sopra come sotto, come dentro come fuori, sono parole che non sono mai risuonate cosi vere. Ormai tutto sta precipitando. Ci sono momenti in cui il nostro mondo sembra stia cadendo letteralmente a pezzi, le nostre relazioni si spezzano e talvolta è il nostro stesso ambiente lavorativo a crollare; quando il tessuto della nostra realtà si strappa, rimaniamo senza un appoggio, impauriti, esposti e vulnerabili.

Questo è un momento prezioso, perché offre, a chi sa accogliere, l’opportunità di riconoscere dove e quando indossiamo delle maschere per ottenere un senso illusorio d’identità, di sicurezza e di benessere; e mentre è perfettamente naturale, e parte del nostro processo, individuare un senso di sé esternamente, tuttavia, l’esterno (fuori) è impermanente, perciò ogni volta che si contrae, come durante il travaglio, il nostro intimo (dentro) si espande e ci viene offerta una possibilità di avvicinarci di più al nostro centro  – a quello che è permanente ed eterno.

Il nucleo del nostro essere non è influenzato dagli spostamenti di circostanze, non è soggetto ai cicli di cambiamento che governano la realtà fisica, il centro è incontaminato, impavido e privo di dolore o sofferenza.  Costante e splendente come il sole, ci sono momenti in cui il nostro nucleo sembra essere inaccessibile, addirittura spento; come il sole che tramonta, o scompare dietro le nuvole, la sua assenza è solo un errore di percezione, la luce è eterna.

Se siamo consapevoli dell’impulso dualistico che giudica i momenti di contrazione come un male da evitare, rimanendo imparziali e in silenzio, possiamo aderire al nostro centro solare quando la vita intorno a noi appare insopportabile, sapendo che una luce inesauribile e costante brilla dentro di noi indipendentemente dalle circostanze – sempre!

Chi sta vivendo consapevolmente questo periodo oscuro, l’esistenza chiede di utilizzare lo specchio, tuttavia, non la classica dinamica dello specchio dualistico, quello che riconosce le nostre ombre proiettato nell’atteggiamento dell’altro/a mostrando le emozioni scomode e dolorose dell’ego-mente dei livelli inferiori.

Il nuovo umano è un’anima incarnata, risvegliata e soprattutto sovrana. Dalla separazione interiore è diventata integra. E’ un’individuale interconnesso, uno specchio trasparente, spolverato dalla polvere, che riflette ogni sfumatura della sua essenza da dentro in fuori, influenzando la realtà circostante e chi viene in contatto.

Edith Wharton scrisse:
“Ci sono due modi di diffondere luce: essere la candela oppure essere lo specchio che la riflette.“

Se siamo in grado di portare semplicità, umiltà e reverenze alle quattro dimensioni della vita umana alla fine arriviamo al punto d’incrocio centrale.

Qui il Sole interiore s’illumina con integrità e grazia. Come conduttore neutro dei livelli più alti, il nostro DNA corrisponderà in modo vibrazionale alla frequenza dell’espressione del Nuovo Umano, non importa come il mondo appare, perché tutto è al servizio della luce.

La candela ha bisogno del buio per diffondere la sua luce, questo è il cammino nella dualità tridimensionale, trovare la luce nell’oscurità, accenderla ed emanarla. Ora il passo successivo è muoversi fuori dalla dualità; mentre la candela è condizionata dal contrasto tra la luce e l’oscurità, lo specchio riflette incondizionatamente; indifferente alle circostanze, come un prisma puro, riflette semplicemente quello che c’è, cosi com’è, nel momento presente, senza illusione.

Caroline Mary Moore
Fonte: http://www.dalleclissedellesserealmisterodelvuoto.com/2017/10/11/dentro-punto-dincontro-centro/?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork

 





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